Il Fatto di Bruno Fasani
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Per il problema dei profughi non servono tanto 35 euro

Non passa giorno senza che i media ci consegnino episodi di cronaca nera legati alla presenza dei profughi dentro le nostre città. Li chiamiamo profughi, cioè gente che scappa da terre devastate dalla guerra e dalla violenza, anche se in realtà solo il 10% tra di loro risulta idoneo ad essere classificato tale...

Parole chiave: don Bruno Fasani (3), Il fatto (417), profughi (10)

Non passa giorno senza che i media ci consegnino episodi di cronaca nera legati alla presenza dei profughi dentro le nostre città. Li chiamiamo profughi, cioè gente che scappa da terre devastate dalla guerra e dalla violenza, anche se in realtà solo il 10% tra di loro risulta idoneo ad essere classificato tale. Gli altri sono poveri in cerca di speranza, nella maggior parte dei casi. Errabondi per altri motivi, in una percentuale minore, ma comunque presente. La cronaca ci parla di risse, quando va bene, oppure scontri e minacce anche con le armi. Nei casi più gravi si va dalle rapine alla violenza sulle donne, fino a fatti più gravi ancora, dove a scapparci spesso c’è anche il morto.
Se scriviamo di questi argomenti non è per dire che gli immigrati sono più cattivi degli italiani. Sappiamo bene che anche tra i nostri brillano i violenti, i criminali, gli assassini. Direi che quando ce la mettiamo sul serio potremmo aspirare a vincere l’Oscar. Un tempo si parlava di noi come popolo di poeti, santi e navigatori. Magari non era del tutto vero, ma ci si andava vicino. Segno che per strada abbiamo perso la semente che era nel nostro Dna e l’abbiamo sostituita con quel che passa il convento. Dove nel convento non ci stanno i miti francescani, ma la cultura dell’egoismo spinto fino alle sue massime vette. Non ne parliamo neppure per dire che dovremmo chiudere le frontiere, giusto per buttare a mare dei poveri disgraziati insieme ai loro sogni e alle loro speranze. E mi danno un po’ fastidio, politici e non, che se la prendono col Papa perché parla di loro in termini di fraternità e di accoglienza. Confondendo le responsabilità politiche con la logica cristiana, vorrebbero che Francesco facesse da sponda a qualche partito più che al Vangelo.
Ne parliamo semplicemente per denunciare la assoluta mancanza di una politica gestionale di questo flusso migratorio. Accatastati dentro qualche struttura come in un deposito di ricambi, ci si limita a tirare in là con una logica pilatesca, stavolta quantificabile in 35 denari. Buoni per chi li incassa ma assolutamente inadeguati a risolvere il problema. Che spesso finisce per aggravarsi, perché questi signori non hanno bisogno soltanto di mangiare, bere, lavarsi e andare in bagno. Questi respirano il bisogno di sentirsi liberi, senza che questa libertà si riempia di sostanza, ma riducendosi spesso ad un bighellonare selvatico dentro le nostre piazze, dove tirare a sera spesso si coniuga con l’assenza di una cultura del rispetto e del convivere civile. Questi sono in prevalenza maschi e di età assolutamente giovane e hanno alle spalle un’affettività all’altezza della loro anagrafe, con tutte le pulsioni che ne conseguono. Va da sé che se non si dà risposta all’urgenza di occupare nel lavoro queste persone, sia pure con leggi speciali e provvisorie, davanti non ci aspetta nulla di buono.

Per il problema dei profughi non servono tanto 35 euro
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