Il Fatto di Bruno Fasani
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Ecco perché mi dissocio e dico: io non sono Charlie

Ebbene sì, sono politicamente scorretto e non voglio assolutamente accodarmi al gregge. Quello dei proclami, della bella faccia da mostrare quando le emozioni prendono il sopravvento, schierandomi dalla parte giusta. Je ne suis pas Charlie, io non sono Charlie. Nei giorni scorsi, Je suis Charlie, era diventato lo slogan che riempiva le piazze e le bocche. Non solo per manifestare contro la violenza di una scheggia di Islam impazzito, ma prima ancora per indicare il primato di quella libertà, che da Voltaire in poi si è posta come vangelo, a fondamento della società e della democrazia...

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Ebbene sì, sono politicamente scorretto e non voglio assolutamente accodarmi al gregge. Quello dei proclami, della bella faccia da mostrare quando le emozioni prendono il sopravvento, schierandomi dalla parte giusta. Je ne suis pas Charlie, io non sono Charlie. Nei giorni scorsi, Je suis Charlie, era diventato lo slogan che riempiva le piazze e le bocche. Non solo per manifestare contro la violenza di una scheggia di Islam impazzito, ma prima ancora per indicare il primato di quella libertà, che da Voltaire in poi si è posta come vangelo, a fondamento della società e della democrazia.
Io non sono Charlie, per due ragioni di fondo. La prima attiene al principio della coerenza. Se la libertà è valore assoluto e primario, allora questa libertà va tutelata e rivendicata ogni volta che essa viene negata nei fatti. Sempre, senza se e senza ma. Soprattutto senza piegarla alle ideologie che ispirano la politica. E allora se la libertà è valore primario, io sono Charlie, ma sono anche le Sentinelle in piedi, quelle che vengono aggredite perché manifestano silenziose sulle piazze, a sostegno della famiglia tradizionale. Come è accaduto in tante parti d’Italia e a Rovereto, dove un gruppo di giovani ha spintonato e colpito con calci e pugni gli organizzatori, mandando un sacerdote e una ragazza in ospedale.
Io sono allora un Manif pour tous, ovvero un cattolico francese, che scende in piazza per dire che un bambino ha bisogno di un papà e di una mamma, con il rischio d’essere incriminato per legge. Io sono allora un medico che fa obiezione di coscienza sulla pratica dell’aborto, sapendo che in molti ospedali questo mi costerà posto e carriera. Io sono allora uno psicologo, che sarà radiato dall’insegnamento universitario, perché sostengo che, in alcuni casi, anche l’omosessualità può essere curata.
Io sono allora Mario Adinolfi o Costanza Miriano, giornalista della Rai e oggi del Vaticano, i cui libri sono stati bruciati pubblicamente in Spagna, boicottata in Italia, perché contraria all’eutanasia, alla fecondazione assistita e perché sostiene che a scuola si deve insegnare a leggere, non l’ideologia gender. Io sono, io sono, io sono… A quante storie potremmo dare voce in nome della libertà, nel nostro gaudente Occidente, senza scomodare ciò che accade nel mondo. Valga per tutti: io sono Asia Bibi, io sono un cristiano copto d’Egitto, io sono un cristiano dell’Iraq, un cristiano nei Paesi Arabi… Quante manifestazioni abbiamo visto a favore di questi fratelli e della loro libertà negata?
Ma c’è una seconda ragione che mi porta a dissociarmi dal dire Je suis Charlie. Ed è il fatto che dovremmo tornare a interrogarci sul senso della libertà. Sappiamo bene che l’orrendo crimine, che ha visto soccombere giornalisti e vignettisti del settimanale Charlie Hebdo, ha trovato pretesto nelle vignette contro Maometto. Nei social network circolano anche quelle che riguardano il mondo cattolico. Alcune ho perfino vergogna a descriverle. Io non ammazzerò nessuno perché ha fatto queste cose, ma dico pubblicamente che per me sono l’equivalente di uno sputo in faccia.
E allora mi chiedo: la libertà è senza confini, o la convivenza, perché sia pacifica, ha bisogno di misura e di rispetto? Negli Usa è vietato offendere la fede altrui e le razze. Che ne direbbero i nostri Je suis Charlie, se domani uscissimo con una vignetta contro i gay o contro gli immigrati di colore che affollano le nostre strade? Una denuncia non ce la toglierebbe nessuno, con l’aggravante della legge Mancino.
E allora se la dignità degli uomini mi impedisce di dare la stura alla mia libertà, perché mai questo dovrebbe essere consentito nei confronti di Dio? No, Je ne suis pas Charlie.

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