Il Calciastorie
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In segno di gratitudine si bacia anche il palo

Gianluca Pagliuca è detto “il gatto di Casalecchio”, ma anche i gatti li vedi fare cose assurde. Schizzano improvvisamente contro un muro, rimbalzano, cadono come storditi e scappano via...

Parole chiave: Il Calciastorie (121), Sport (139), Calcio (135)

Gianluca Pagliuca è detto “il gatto di Casalecchio”, ma anche i gatti li vedi fare cose assurde. Schizzano improvvisamente contro un muro, rimbalzano, cadono come storditi e scappano via, senza che apparentemente si sia presentato un pericolo. Chi o cosa può averli spaventati? Il tiro di Mauro Silva di certo non appartiene alla categoria dei pericoli: un destro da fuori area piuttosto loffio, di quelli che si scagliano quando non si ha il tempo né la classe per inventarsi qualcosa di diverso, che si tratti di una pennellata all’incrocio o di un assist inatteso. Pagliuca non ha neanche bisogno di tuffarsi. Si prepara alla presa ma, al momento del contatto con la palla, questa schizza sulle braccia e va oltre le spalle. Solo una piccola figuraccia, se si trattasse di una amichevole. Purtroppo è la partita più importante mai giocata dal portiere emiliano: la finale dei mondiali di calcio del 1994. A un quarto d’ora dalla fine, andare sotto – e in questo modo – significherebbe dire addio alla coppa. La palla rimbalza sul terreno, poi colpisce il palo e torna tra le braccia del portiere dell’Inter. Dovrebbe rinviare, ma si ferma un attimo. Torna indietro, bacia il guantone e con quello accarezza il palo, come a ringraziarlo. Un gesto istintivo, una stupidaggine? Senza dubbio lo è. Ma prendete le interviste a fine gara di qualsiasi partita: gli sconfitti – o coloro che partivano da favoriti e sono stati fermati sul pareggio – generalmente non si fanno problemi nel dire che il terreno non era in ottime condizioni, i ragazzi erano stanchi, è stato un solo episodio a determinare il risultato e così via. Raramente, e di solito dopo una sconfitta dal risultato severo, si ammette la superiorità dell’avversario. Allora, forse, il bacio ad un palo può avere un altro significato. Può voler dire: “Io ho commesso una stupidaggine, e avrei meritato di pagarla cara. So bene che per lungo tempo sarei stato deriso e preso in giro per questo errore. Ma tu mi hai salvato”. Poco importa che l’Italia abbia poi perso lo stesso, ai rigori: o meglio, importa molto, ma è un’altra storia. Quanti pali o traverse – pardon: amici e parenti – rimediano ai disastri che stavamo per causare. Anche loro meritano un bacio, un abbraccio. O, quantomeno, un gesto che non nasconda la nostra gratitudine.

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