Condiscepoli di Agostino
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La fede nella risurrezione dei morti

Agostino prende in considerazione, e lo focalizza, il tema della risurrezione, avversato dai Neoplatonici, specialmente da Porfirio e messo in dubbio dallo stesso Cicerone (Cfr. De civ. Dei, XXII. 4) e dà la spiegazione della difficoltà di accettarlo come un dato di verità

Parole chiave: Condiscepoli di Agostino (100), La città di Dio (66)

Agostino prende in considerazione, e lo focalizza, il tema della risurrezione, avversato dai Neoplatonici, specialmente da Porfirio e messo in dubbio dallo stesso Cicerone (Cfr. De civ. Dei, XXII. 4) e dà la spiegazione della difficoltà di accettarlo come un dato di verità: “siamo stati abituati a percepire questo stato di vita terrena e questo siamo. Non siamo ancora quello della risurrezione e non l’abbiamo ancora visto” (Ivi). Del resto, osserva Agostino, per Dio non è impossibile unire esseri corporei e non corporei (Cfr. Ivi).

 Dopo aver affermato che la risurrezione e l’ascensione al cielo di Gesù è un fatto incredibile per i pagani e, a maggior ragione, la risurrezione dei nostri corpi, Agostino rileva un altro dato incredibile: che persone persino colte vi abbiano creduto: “Già ci sono tre cose incredibili che tuttavia sono state fatte. È incredibile che Cristo sia risorto nella sua carne e che sia asceso in cielo con la sua carne; è incredibile che il mondo abbia creduto una cosa così incredibile; è incredibile che uomini sconosciuti, paurosi, pochissimi, inesperti abbiano potuto persuadere il mondo e in esso anche persone dotte con tanta efficacia su una cosa tanto incredibile… Esso (il mondo) ha pertanto creduto ad un numero esiguo di uomini sconosciuti, paurosi, pochissimi, inesperti, proprio perché in tanti disprezzabili testimoni molto più mirabilmente la verità da se stessa è riuscita a persuadere. E i discorsi che facevano quanti cercavano di persuadere, furono meravigliosi fatti non parole. Effettivamente, coloro che non avevano visto Cristo risorgere nella sua carne e ascendere al cielo con essa, credevano a quelli che narravano di averlo visto non solo perché parlavano, ma anche perché compivano segni prodigiosi” (De civ. Dei, XXII. 5).

Agostino precisa che i cristiani credono nella risurrezione, anche a prezzo del martirio. A diversità dei Romani pagani che avevano venerato Romolo, fondatore della loro città, come un dio, ma che mai sarebbero stati disposti a dare la vita per Romolo, imponendo invece il suo culto ai popoli assoggettati, i cristiani sono morti martiri per testimoniare il loro amore a Cristo: “Chi potrebbe enumerare quanto numerosi preferirono essere uccisi con una ferocia di crudeltà per quanto grande fosse piuttosto che rinnegare Cristo come Dio? Venivano incatenati, imprigionati, flagellati, torturati, bruciati, sbranati, trucidati e si moltiplicavano” (De civ. Dei, XXII, 6.1).

Il fatto della risurrezione e ascensione al cielo di Gesù Cristo non fu accolto dalle menti anche erudite. In realtà fu documentata dai miracoli e fu predicata nonostante le feroci persecuzioni: “Al tempo di Cicerone, e soprattutto in seguito sotto Augusto e Tiberio, certo tempi alquanto eruditi, la mente umana non avrebbe potuto sopportare la risurrezione della carne di Cristo e la sua ascensione in cielo come ciò che non può accadere. E nello scherno l’avrebbero respinta dagli orecchi e dal cuore se essa non avesse potuto accadere e se la divinità della stessa verità o la divina verità e i costanti segni dei miracoli non avessero mostrato che era avvenuta. In tal modo, nonostante le così numerose e grandi persecuzioni cariche di terrore e di opposizioni, fu creduta con assoluta fedeltà e predicata con intrepido coraggio la risurrezione e l’immortalità della carne che sarebbe seguita nel mondo futuro, avvenuta prima in Cristo poi in tutti gli altri e fu seminata con il sangue dei martiri per germinare nel mondo” (De civ. Dei, XXII, 7).

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