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Ritorno allo Stato

di NICOLA SALVAGNIN

La storia delle privatizzazioni (pure delle mancate privatizzazioni) in Italia è esemplare. Verrà studiata nelle università, spesso al capitolo “ecco cosa non si deve fare”

Parole chiave: Privatizzazioni (1), Nazionalizzazioni (1), Opere pubbliche (7), Aziende pubbliche (2), Stato (7), Economia (128)
Strada con lavori in corso alla periferia di una città

di NICOLA SALVAGNIN

C’è stato il periodo delle cosiddette privatizzazioni in Italia, a cavallo del secolo e per raccogliere soldi in vista dell’entrata nell’euro. Ora non più: trascorsa una ventina d’anni, lo Stato è tornato ormai dominus dell’economia italiana e il sogno di creare una nuova imprenditoria privata di livello, pare tramontato.
Con la presa in carico da parte dello Stato della società Autostrade – un mezzo esproprio con forti motivazioni politiche, scaturito dal crollo del ponte di Genova –, il carnet dell’economia italiana gestita da qualche ministro o dirigente ministeriale si sta facendo sempre più ampio. Ai classici Eni, Enel, Terna, Leonardo, Saipem, Finmeccanica, Poste, Ferrovie… si aggiungono gli invendibili aerei (Alitalia), l’acciaio (Ilva di Taranto), le banche (Montepaschi, per dire), telefonia e internet (è dentro Tim) e tanto altro ancora. Fino ad una bella fetta di rete autostradale, tornata in mano pubblica.
La storia delle privatizzazioni (pure delle mancate privatizzazioni) in Italia è esemplare. Verrà studiata nelle università, spesso al capitolo “ecco cosa non si deve fare”. Con le autostrade abbiamo un po’ toccato il fondo. Date in concessione ai privati con modalità assai convenienti per loro (assai convenienti è un eufemismo) e con la sostanziale assenza di controlli pubblici su investimenti e manutenzione, hanno molto aiutato quei privati a sviluppare i loro vari business grazie a introiti alti e predeterminati. Insomma li abbiamo finanziati indirettamente.
Ora ricompriamo quanto avevamo venduto. Bene. Il problema vero viene ora. Per farne che cosa? Perché una certezza storica c’è. Lo Stato deve fare lo Stato, aiutare l’economia, sostenere i “campioni nazionali”, favorire la concorrenza ma anche un po’ ostacolarla se va contro gli interessi collettivi, impedire l’ingresso dei “cattivi”. Ma non sa fare gelati, acciaio, semiconduttori o gestire camere d’albergo. Fatica assai pure in funzioni prettamente pubbliche quali la salute e l’istruzione (ma non molla la presa).
Sulla gestione delle strade, non facciamo sogni e speriamo in un’evoluzione un po’ più avanzata rispetto alla gestione Anas, spesso un pianto greco. Prova provata è l’E45 che da Cesena arriva nel Lazio trapassando da nord a sud l’Umbria. Per fare andare piano i veicoli non si usano i cartelli segnaletici, ma le buche stradali…

Fonte: Sir
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