Verona ha spiccato il volo perché è sempre rimasta in pista

Ho letto l’intervento nel numero scorso di Verona Fedele dell’on. Gianni Dal Moro su Verona e il suo futuro: parole, le sue, in parte condivisibili; ma, rispetto a Dal Moro, io il bicchiere di Verona lo vedo mezzo pieno. E anche qualcosa di più. Anzitutto parto da dati oggettivi: Verona sta uscendo da una crisi economica terribile molto meglio che altri territori italiani, anche vicini a noi...

November 29, 2015

| DI Fabio Venturi


Ho letto l’intervento nel numero scorso di Verona Fedele dell’on. Gianni Dal Moro su Verona e il suo futuro: parole, le sue, in parte condivisibili; ma, rispetto a Dal Moro, io il bicchiere di Verona lo vedo mezzo pieno. E anche qualcosa di più.
Anzitutto parto da dati oggettivi: Verona sta uscendo da una crisi economica terribile molto meglio che altri territori italiani, anche vicini a noi. Qui la disoccupazione è ai minimi nazionali, segno di un tessuto economico che ha sofferto, ha stretto i denti ma non ha ceduto e ora sta ripartendo bene; la provincia è tra le prime in Italia quanto ad afflusso turistico, segno che tutto sommato ha le carte in regola per piacere, per una buona qualità di vita; la sicurezza generale (numero di reati) è di buon livello nonostante questo sia un territorio ricco, quindi appetibile per la malavita; gli enti locali (Comuni, Provincia, una Camera di Commercio che, spesso in silenzio, sta facendo ottime cose) hanno saputo fare un notevole lavoro di regia – spesso coordinata – nonostante i giganteschi tagli di risorse pubbliche che hanno interessato noi come altri.
Vorrei solo ricordare che i Comuni hanno visto progressivamente sparire centinaia di milioni di euro di trasferimenti; che la Provincia è stata “liofilizzata”.
Insomma, non dico “tutto ben madama la marchesa”, ma nemmeno c’è da piangere: anzi, i veronesi dovrebbero essere più orgogliosi dei risultati ottenuti, più attenti a confrontarli con quelli di altri, più positivi rispetto alla loro situazione e alle loro prospettive. Lo dico soprattutto a coloro chi mi appaiono più attenti ad affondare la nave, che a guidarla verso il mare aperto; più produttori di demagogia inconcludente che di nuove idee.
E se qualche risultato positivo è stato raggiunto – su questo punto dissento radicalmente da Dal Moro –, penso che sia stato frutto di un lavoro di squadra ben fatto: un’Università che sta diventando eccellenza nazionale, vero motore di innovazione e di sviluppo per il territorio; una Fiera che ha superato momenti difficili rilanciando e crescendo; un sistema finanziario che ha tenuto bene (non dovunque è andata così); una serie di iniziative e di eventi che hanno reso la città e il Veronese interessanti, appetibili, godibili; un aeroporto che ha rischiato grosso – per tante cause, alcune imprevedibili come la fine di certe tratte fondamentali per il Catullo – e che ora si sta rimettendo in piedi.
Appunto perché il bicchiere non è certo pieno, per Verona bisognerà fare di più, di meglio. Penso ad uno sviluppo tecnologico (la smart city) che migliori vieppiù la qualità di vita di chi abita e soggiorna nel nostro territorio; penso ad un lavoro in rete, ad un fare squadra ancora più ampio, più coordinato; penso ad alcune infrastrutture di cui abbiamo bisogno. Perché se vogliamo rimanere nella Serie A delle città italiane, bisogna che arrivino le opere locali (filobus, circonvallazione nord), come quelle di respiro nazionale o europeo: Tav, Nogara-Mare, la Tibre, il potenziamento del Brennero…
Insomma a me sembra che, finiti i tempi cupi, ora inizi il bello. Che si possa sì decollare, ma proprio perché Verona è sempre rimasta in rampa di lancio: una città bella, moderna, dinamica. Invidiata da molti, anche se non ce ne accorgiamo più di tanto.
Ecco: accontentarsi mai. Chi lo fa, ha solo dato il via al declino. Ma nemmeno piangersi addosso. Lo dico alle classi dirigenti di oggi, lo dico a quelle di domani, quando si troveranno – da qualsiasi parte o partito provengano – a sostenere il decollo di Verona con le idee, i progetti, il lavoro in rete.
Non con il “tanto peggio, tanto meglio”. Per chi?

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