L’apertura di Expo dimostra che l’Italia ha un ruolo nel mondo

Expo Milano 2015, che ha preso avvio il 1° maggio, è un evento realmente globale. A pochi minuti dal centro del capoluogo lombardo si estende una gigantesca area espositiva che accoglie i padiglioni di 145 Paesi, fra cui quello della Santa Sede, di tre organizzazioni internazionali (Onu, Ue e Cern), di una decina di espressioni della società civile, del lavoro e del volontariato, comprese Caritas Internationalis e la Casa Don Bosco dei Salesiani...

May 10, 2015

| DI Gianni Borsa

Expo Milano 2015, che ha preso avvio il 1° maggio, è un evento realmente globale. A pochi minuti dal centro del capoluogo lombardo si estende una gigantesca area espositiva che accoglie i padiglioni di 145 Paesi, fra cui quello della Santa Sede, di tre organizzazioni internazionali (Onu, Ue e Cern), di una decina di espressioni della società civile, del lavoro e del volontariato, comprese Caritas Internationalis e la Casa Don Bosco dei Salesiani. All’Expo s’incrociano culture, storie, lingue, produzioni agricole e alimentari di ogni continente. Si mettono a confronto realtà geografiche e stili di vita i più diversi.
Tutto ruota attorno al tema generale: il diritto al cibo, che equivale a dire lotta alla fame e alla povertà, equa ripartizione delle ricchezze prodotte dal lavoro delle donne e degli uomini a ogni latitudine, dalla fecondità della terra, dall’abbondanza di acqua, dalla forza dell’energia. Produrre in abbondanza, in armonia con il Creato, suddividere secondo necessità, evitare sprechi, rispettare la natura: sono grandi sfide sulla strada dell’umanità che permangono nell’era di internet, dell’Isis, delle migrazioni di massa… Anzi, il diritto al cibo, all’acqua, alla terra da coltivare sono strettamente intrecciati proprio con la modernità, con le tecnologie futuristiche, con la ricerca scientifica, così pure con la democrazia e la pace, con una vita degna, con la possibilità di dare sviluppo a ogni Paese, evitando in questo modo che si debba fuggire dalla propria casa per cercare dignità e futuro in un altrove sconosciuto.
Nel corso della cerimonia d’inaugurazione, è stato papa Francesco – con un collegamento in diretta televisiva – a mettere a fuoco questi punti fermi. Facendo riferimento al tema di Expo, Bergoglio ha voluto ricordare «i volti di milioni di persone che hanno fame, che oggi non mangeranno in modo degno di un essere umano. Vorrei che ogni persona che passerà a visitare Expo, attraversando quei meravigliosi padiglioni, possa percepire la presenza di quei volti». Citando il “paradosso dell’abbondanza”, il Papa ha invitato a fare in modo «che questa Expo sia occasione di un cambiamento di mentalità, per smettere di pensare che le nostre azioni quotidiane – ad ogni grado di responsabilità – non abbiano un impatto sulla vita di chi, vicino o lontano, soffre la fame».
Non si possono trascurare due ulteriori sottolineature: una positiva, l’altra purtroppo negativa.
«Siamo pronti alla vita» hanno cantato i bambini del coro che ha fatto risuonare fra i padiglioni l’Inno di Mameli in versione leggermente corretta. Una frase ripresa dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che nel discorso inaugurale ha pure affermato: «Oggi inizia il domani dell’Italia». Frasi a effetto, certo, ma che vorrebbero trasmettere un incoraggiamento, un “ce la possiamo fare”, in un Paese troppe volte ripiegato su se stesso, sempre alla ricerca di una “svolta”, di un “rilancio”. Il taglio del nastro di Expo mostra, una volta di più, che l’Italia ha in sé energie e capacità troppe volte sottovalutate dagli stessi italiani, e che ha una sua parte da svolgere sulla scena europea e mondiale.
La nota negativa è invece rappresentata dai gravi scontri registratisi in città, provocati nel giorno dell’inaugurazione da una folta rappresentanza di “black bloc” snodatisi da un corteo “no Expo”. È ovviamente lecito dirsi contrari all’esposizione universale e a quanto – secondo taluni – essa rappresenta. Non si può invece usare la violenza distruttiva per dar man forte a un’idea. La teoria dello “spacchiamo tutto” è sempre perdente, è solo distruttiva, e occorre rispondervi con assoluta fermezza. Semmai quei giovani violenti nelle strade di Milano chiamano di nuovo in causa la responsabilità educativa e il senso di giustizia intergenerazionale cui le famiglie, la scuola, il mondo del lavoro, la società, la Chiesa e la politica sono tenuti, senza giustificazione alcuna.

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