In questa prima domenica dopo Pentecoste si celebra la festa della Trinità, occasione speciale per il mondo cattolico di fare memoria non di un evento della vita di Gesù, bensì di una dichiarazione dogmatica emersa a seguito dei concili di Nicea (325) e di Costantinopoli (381). Nel testo biblico, infatti, non compare esplicitamente il termine Trinità, ma emerge la narrazione di un Dio che entra in comunicazione con l’umanità intera nel Figlio e nello Spirito. La divinità delle Scritture si manifesta come una realtà che vive in se stessa la comunione e che, pertanto, invita e chiama costantemente a relazionarsi con l’altro nella medesima maniera.Anche questo brano evangelico è tratto dai discorsi di addio rivolti ai discepoli da parte di Gesù nel tempo che precede il tempo della passione. Nello specifico, il testo domenicale appartiene all’ultimo discorso in cui il Nazareno parla ai suoi di un futuro che va oltre le loro capacità di comprensione. Per questo essi avranno bisogno del supporto continuo dello Spirito per essere in grado di comprendere e successivamente annunciare quella parte di rivelazione che per loro adesso è eccessiva da sopportare. Lo Spirito di cui parla Gesù non aggiungerà nulla di più alla rivelazione del Maestro, ma metterà i discepoli nella condizione di poter accogliere quelle parole che ora non sono pronti a ricevere. Non si tratta di un’esperienza particolarmente strana o desueta: in tutte le relazioni, infatti, è possibile sperimentare come, nonostante una grande conoscenza, disponibilità all’ascolto e allo scambio, possano arrivare momenti in cui si ha la sensazione di essere di fronte a un limite, a una linea di confine che impone di tacere, di non andare oltre perché l’altro non è nella condizione di capire quello che gli si sta dicendo, oppure semplicemente perché non è opportuno spingersi più avanti. L’incontro e lo scontro con il limite non sono semplici da gestire e da affrontare, possono anche arrecare un po’ di dolore, ma vanno accettati con pazienza e fiducia. Gesù, parlando con sincerità ai discepoli, prepara la strada all’azione dello Spirito che guiderà i suoi seguaci al tempo opportuno alla verità piena. L’azione del Nazareno è orientata a far sì che i Dodici vivano ciò che li attende con libertà ma al contempo con senso di responsabilità. Di ciò che resta da annunciare Gesù dice che sono affermazioni che hanno un peso non indifferente da portare. Il verbo che viene utilizzato dall’evangelista Giovanni è lo stesso che indica il portare la croce o il portare la bara ad una celebrazione funebre oppure il portare in grembo un bambino oppure ancora il portare gli uni i pesi degli altri. La pesantezza di queste parole non è necessariamente conseguenza del loro essere dure o cattive, ma deriva anche dal loro essere generatrici di pesanti responsabilità in coloro che scelgono di accoglierle e viverle. Inoltre, le parole possiedono una forza attiva perché agiscono sulle persone che ascoltano suscitando rabbia o consolazione, tristezza o gioia, timore o rassicurazione, confusione o chiarezza. Ecco perché il credente deve lasciare che lo Spirito agisca in lui per comprendere quando è opportuno tacere e quando invece non ci si può permettere di restare in silenzio.Ogni discepolo è esortato a interiorizzare le parole della rivelazione per riuscire a narrare la persona di Gesù con la sua vita. Saranno, infatti, la capacità di affrontare le fatiche e le gioie quotidiane con fiducia, così come la scelta di amare e perdonare laddove sembra inutile e impossibile che consentiranno alle donne e agli uomini di leggere in filigrana il vangelo che motiva le loro vite. L’azione dello Spirito permette che l’amore, che ha contraddistinto la relazione tra Dio Padre e il Figlio e quella tra il Figlio e i suoi discepoli, resti e dimori in ogni credente lungo la storia in modo che quest’ultimo riesca ad amare in eguale maniera.Nel celebrare la solennità della Trinità e nel leggere questo passo evangelico è bene, però, restare vigili per non cedere alla tentazione di trasformare le parole del Nazareno in un trattato teologico dottrinale: la conoscenza verso cui guida lo Spirito, infatti, non è qualcosa di meramente intellettuale, ma coinvolge la globalità della persona che desidera muovere i suoi passi dietro a quelli di Gesù, compresa la sua dimensione esperienziale.
Dipinto: Le Tre Persone (sec. XI), affresco, Vallepietra (Rm), Santuario della Santissima Trinità