Gesù si fa Lui stesso vittima accettando la morte in croce

Luca 19,28-40Gli inviati andarono e trovarono come aveva loro detto. Mentre slegavano il puledro, i proprietari dissero loro: «Perché slegate il puledro?». Essi risposero: «Il Signore ne ha bisogno».Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo: «Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!».Gli inviati andarono e trovarono come aveva loro detto. Mentre slegavano il puledro, i proprietari dissero loro: «Perché slegate il puledro?». Essi risposero: «Il Signore ne ha bisogno».Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo: «Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!».

April 10, 2025

| DI Lorenza Ferrari

Gesù si fa Lui stesso vittima accettando la morte in croce
Anche quest’anno, in occasione della domenica che precede la Pasqua, il commento si riferisce al brano del vangelo che si proclama durante la commemorazione dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme. La Domenica delle Palme segna la conclusione del tempo di Quaresima e l’inizio della Settimana Santa. Diversamente da quanto avviene nelle annate liturgiche A e B, nell’anno C non si legge propriamente il racconto dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme poiché il testo di Luca riporta che il Maestro si avvicina solamente alla città; inoltre, rispetto agli altri brani evangelici omologhi, nella versione lucana non è riportata alcuna menzione di rami o palme sventolate dalla folla. Le annotazioni riguardanti la stesura dei mantelli sul puledro al posto della sella e sulla strada da parte della gente accorsa ad acclamare, invece, sono presenti e concordanti con gli scritti degli altri evangelisti.Il testo di Luca, pur seguendo da vicino la versione di Marco, contiene alcune modifiche significative. Assieme al mancato riferimento all’agitazione di rami e palme da parte dei presenti è da segnalare, ad esempio, l’assenza della citazione esplicita della profezia di Zaccaria (Zc 9,9) che narra della venuta del re umile e vittorioso sul dorso di un puledro d’asina. Probabilmente l’intenzione dell’autore è quella di eliminare ogni possibile implicazione nazionalistica riguardo alla regalità del Nazareno che si occupa dell’intero popolo di Dio.La regalità di Gesù, però, nella narrazione che offre Luca appare a tratti paradossale: che Signore è quello che non possiede nemmeno un asino ed è costretto a prenderlo in prestito? Che Signore è quello che viene scortato e acclamato in corteo da folle di povera gente? E qual è il re che, come paramenti da mettere sul dorso della sua cavalcatura, utilizza poveri mantelli? La scena descritta appare ai limiti del ridicolo e del farsesco. Eppure, in questa circostanza, diversamente da quanto accaduto in precedenza, Gesù pare accogliere la proclamazione della sua regalità: perché? Si potrebbe pensare che il Nazareno attribuisca un significato anti-regale al suo essere acclamato re come se, accettando la dimensione farsesca del suo riconoscimento, di fatto, consentisse a portare alla luce la realtà frivola e sciocca della regalità mondana del tempo. La sete di potere, il desiderio di concentrare tutto, persino il diritto di vita e di morte, nelle mani di un’unica persona, l’ostentazione esibita inutilmente, la volontà di separazione netta tra diverse categorie di persone dinnanzi al Maestro appaiono nella loro inconsistenza. Nell’essere re di Gesù non c’è spazio per le pretese di potere, per la violenza, la volontà di dominio e la sottomissione nei confronti degli altri. Mentre si avvicina a Gerusalemme colui che veramente si prende gioco dei tempi, dei riti e delle modalità di esternazione della regalità del tempo è il Nazareno.Nei primi versetti del brano viene presentata la missione che Gesù affida a due discepoli tramite l’imperativo «Andate». Questo compito che il Maestro ha riservato ai suoi racchiude l’inizio della missione che spetta alla Chiesa: essa, come i discepoli inviati nel villaggio, è chiamata a saper rendere ragione di ciò che compie e anche a motivare qualsiasi azione alla luce della parola del Signore. Ogni gesto, ogni iniziativa o attività devono essere promossi in spirito di obbedienza alla parola di Dio. Nel testo di Luca si afferma che, all’eventuale richiesta di spiegazioni generata dalla vista dell’asino che viene slegato, la risposta da dare è che «il Signore ne ha bisogno». Il Dio di cui narra il Nazareno sembra condividere così tanto con l’uomo da avere delle necessità anche materiali e davanti alle quali chiunque, anche se povero e indigente, può avvertire una affinità e una possibilità di condivisione con il Padre.Il Nazareno precede i suoi salendo a Gerusalemme. Il suo modo di avanzare dimostra quanto Egli sia uomo di pace, che rifiuta ogni forma di violenza anche quando l’esercizio della forza potrebbe portare un qualche vantaggio in termini di allargamento del potere. Gesù, pur consapevole che il tempo della passione è ormai prossimo, sceglie di rimanere fedele alla volontà di non creare vittime e così facendo si fa Egli stesso vittima, accettando la violenza su di sé fino alla morte in croce. In questo emerge con chiarezza il suo essere un re completamente diverso da ogni altro.

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