La comunità parrocchiale dei Santi Apostoli ha accolto martedì scorso, con la presenza del vescovo Domenico Pompili, don Luciano Dalla Riva, parroco con un curriculum che unisce fede, studi e cultura. Nato a Verona 68 anni fa, laureato in architettura, è stato ordinato prete nel 1997 quale appartenente alla parrocchia di San Pancrazio al Porto. Insegnante nel Seminario minore, è stato vicario parrocchiale alla Madonna della Fraternità, poi a San Pietro in Cariano. In seguito è stato collaboratore a San Giorgio in Braida, nell’unità pastorale della Lessinia Occidentale, quindi parroco di Albisano, collaboratore a San Pietro Apostolo, in seguito a San Paolo Campo Marzio, poi a San Michele Extra e da ultimo a San Nazaro. Dal 2012 al 2024 è stato direttore dell’Ufficio diocesano Beni culturali ecclesiastici, dal 2020 al 2024 è stato presidente della Commissione diocesana Beni culturali e arte sacra. Il suo percorso, dunque, gli ha permesso di sviluppare una particolare sensibilità verso il patrimonio artistico e architettonico delle chiese, oltre a una profonda comprensione degli spazi sacri come luoghi di incontro. Competenze preziose, queste, in una chiesa di rara bellezza, uno dei gioielli del centro storico di Verona e per la sua stessa posizione punto di unione, scambio e contatto tra diverse persone e culture.
«Vengo ad amare e servire questa parrocchia nel nome del Signore», ha detto don Luciano, salutando i suoi parrocchiani e i tanti parenti, amici e fedeli accorsi anche dalla sua San Pancrazio. «E lo faccio in questa antica e bella chiesa, in una solenne Eucarestia che dà inizio al ministero pastorale. Con voi e per voi ho colto con trepidazione la responsabilità di diventare pastore in questa comunità, vi chiedo di accogliermi così come sono, certo di poter contare sull’aiuto della grazia di Dio».
E con queste parole il vescovo Domenico Pompili ha accompagnato l’ingresso di don Luciano: «Ne scelse dodici, e di questi dodici stasera dobbiamo festeggiarne due in particolare, Simone lo Zelota e Giuda Taddeo. Queste due figure di apostoli possono essere un modo per rileggere questo momento, che segna un passaggio tra due pastori, don Ezio (Falavegna, ndr) e don Luciano. Gesù chiama i suoi discepoli e i suoi collaboratori da ogni strato sociale e da qualsiasi esperienza pregressa. La storia si ripete, quindi: anche oggi i pastori sono diversi tra di loro. Quel che colpisce all’interno dell’esperienza apostolica è il fatto che il Signore sappia scegliere nelle situazioni più disparate e senza farsi problemi rispetto all’origine: ciò che accomuna tutti è la passione per il Vangelo. Di Giuda Taddeo ci è conservata nel Nuovo Testamento una piccola lettera a lui attribuita nella quale Giuda se la prende in modo particolare contro quelli che lui definisce sognatori, coloro che si limitano a parlare. Il vero credente non è semplicemente uno che immagina, sogna, ma uno che si mette in gioco. Una sollecitazione utile a interpretare bene cosa sia una comunità parrocchiale. L’unica Chiesa alla nostra portata non è la Chiesa ideale, ma quella reale. Quella, cioè, che concretamente passa attraverso i nostri volti e le nostre testimonianze». Un invito a essere persone che sanno abitare la propria comunità cercando di realizzare, ciascuna con le proprie differenze, un tratto di strada in comune, e cioè in concreto di abitare questa casa tra le case che è la parrocchia. «Destinata – aggiunge Pompili – a essere un lievito di pace e di fraternità nel mondo nel quale è collocata».