La descrizione della vigna nella parabola di Gesù è il riflesso di un bellissimo cantico fiorito dall’ispirazione del profeta Isaia. È un capolavoro assoluto della poesia ebraica che parla d’amore, ed apre così: “Canterò per il mio amato la mia canzone d’amore per la sua vigna”. In esso la vigna è simbolo della sposa. Nel libro del Cantico dei Cantici si ha poi un’espressione singolare con cui viene chiamata la sposa: “vigna in fiore”.La parabola di oggi si colloca in questo filone poetico carico di desideri, di bellezza e di vicinanza alla persona amata. Parla di una vigna nella quale il padrone ha investito tutte le sue energie, coltivandola con le migliori cure possibili. Sembra di vederlo questo delizioso pezzo di terra coltivato a vite, lungamente desiderato, ora fortificato e ben difeso. Un piccolo paradiso terrestre. Ma gli agricoltori a cui il padrone l’ha affidato non lo considerano un dono da custodire. Anzi, vogliono appropriarsene a qualsiasi costo. Le loro mani iniziano a grondare sangue, uccidendo i servi mandati dal padrone. Poi la scia di sangue si allunga e ammazzano anche il figlio del padrone, pensando di ottenere l’eredità. Due esperienze del tempo di Gesù permettevano di dare concretezza alla parabola e di renderla verosimile con quanto accadeva, portando così gli ascoltatori ad una comprensione immediata del messaggio. Innanzitutto nella zona collinosa della Galilea erano numerose le proprietà di latifondisti stranieri che affittavano i loro poderi a contadini del luogo. In secondo luogo non poteva apparire inverosimile il crimine della morte dei vignaioli perché, secondo le leggi del tempo sull’eredità, un appezzamento di terra, alla morte del proprietario senza eredi, diventava vacante e passava nelle mani del primo occupante. È questa la chiave interpretativa della parabola con la quale Gesù intende preannunciare la sua fine tragica, raffigurando la sua imminente morte con il figlio ucciso dai vignaioli omicidi. Inoltre manifesta la chiara coscienza di essere l’inviato di Dio e, al contempo, indica l’enorme responsabilità di quanti lo stanno condannando. Gesù lancia un chiaro ammonimento a chi lo sta ascoltando: voi, affittuari della vigna e capi del popolo non avete voluto accogliere il messaggio di Dio. Ora la misura è colma. Per questo la vigna di Dio sarà consegnata ad altri.La parabola è raccontata in prossimità della drammatica fine di Gesù. Egli sente incombere su di sé la morte, ne sente il macabro respiro nelle manovre e nei complotti che i suoi avversari gli stanno tessendo attorno. Tra poco verrà arrestato, processato e condannato. Proprio in questo frangente Egli racconta la parabola del privilegio concesso ai capi dei sacerdoti sui quali, visto il loro comportamento, emette un giudizio che, di fatto, li priverà del dono immenso che hanno dilapidato.Proprio pensando a un dono ricevuto che si è sottostimato o che si è sperperato con incoscienza, la parabola potrebbe essere investita di un tocco di attualità. Il dono della custodia della vigna del Signore non sempre rientra oggi nell’orizzonte di tutti i cristiani. Sono molte le cause che possono distogliere da tale nobilissimo impegno: coltivare aspetti effimeri, curare appetiti malsani, innaffiare passioni e ragionamenti improntanti esclusivamente al tornaconto. Tutto ciò, a lungo andare, può far diminuire l’interesse per la cura della vigna, con la conseguente minor presa del Vangelo non solo nella Chiesa, ma anche nella società e nei temi in cui si gioca il suo futuro, come l’educazione delle giovani generazioni, la carità verso i più fragili, la vicinanza con gli ultimi. Coltivare la vigna del Signore è un dono impagabile e un impegno serio per tutti i cristiani. Se ci si dedica con vera passione, a poco a poco i sapori e i profumi che essa sprigiona faranno gioire la tavola dell’amicizia e della fraternità.