La pagina evangelica di oggi segna l’inizio della parte centrale del Vangelo di Luca, quella del grande e definitivo viaggio di Gesù a Gerusalemme, che si compirà con la sua “assunzione”. Questa parte costituisce la caratteristica tipica del terzo Vangelo e narra il punto centrale dell’azione del Signore. Il primo versetto (Lc 9,51) si presenta con una grande densità di significato e nonostante i numerosi fatti narrati siano rinchiusi in un breve spazio di tempo (pochi giorni), quel tempo così breve è per Luca la fase più intensa del ministero di Gesù. Si tratta di giorni in cui va a compimento la sua presenza sulla terra che si concluderà con la sua “ascensione”.Il termine usato nel testo greco indica proprio il momento dell’ascensione al cielo ma in questo punto del Vangelo questa parola cosa sta significando? Forse possiamo comprenderne meglio il significato richiamandoci all’avvenimento della trasfigurazione, in cui si parla dell’“esodo” che Gesù avrebbe portato a compimento a Gerusalemme. Gesù va alla Città santa per compiere il suo esodo, il suo “passaggio”, nel quale sono da includere i giorni della passione, morte, sepoltura e risurrezione. L’elevazione in alto, quindi, non si riduce alla sola fase finale dell’ascensione, ma include anche le tappe precedenti. L’atteggiamento del volto di Gesù (potremmo dire nel nostro dialetto “a muso duro”) nel suo cammino verso Gerusalemme indica che egli non conosce distrazioni: tiene ben ferma la faccia verso la meta.Terminata l’attività in Galilea, il viaggio verso Gerusalemme, in Giudea, comportava il passaggio per la Samaria come tappa obbligata e qui Gesù incontra il rifiuto dei samaritani. Anche la fase in Galilea della vita di Gesù era iniziata con il rifiuto dei suoi concittadini nella sinagoga di Nazaret. Il cammino di Gesù è segnato costantemente dal rigetto. Il motivo del rifiuto è legato a un profondo e antico dissidio etnico e religioso legato soprattutto alla legittimità del culto prestato a Dio in Samaria.Di fronte a questo rifiuto sta la reazione di Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, soprannominati “i figli del tuono”, che vorrebbero l’annientamento fisico del villaggio dei samaritani ostili. La reazione di Gesù a quest’atteggiamento violento è però molto severa: non è questo il suo modo di agire e non lo deve essere nemmeno per i suoi discepoli. Lo stile non violento indicato fa anche da modello sul modo di reagire dei missionari di fronte allo scacco della loro missione. Gesù comincia ad applicare a questa situazione concreta ciò che aveva già insegnato nel “discorso della pianura”: «Benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male» (Lc 6,28). La ritorsione e la vendetta sono escluse dallo stile missionario di Gesù.La seconda parte del nostro brano odierno è fatta di tre insegnamenti sul modo di essere discepoli di Gesù e sono dati in modo narrativo come risposta a tre persone che intersecano la strada di Gesù. Ognuno di questi casi rappresenta una condizione necessaria per essere discepolo.Il primo personaggio che avvicina Gesù gli dichiara una disponibilità incondizionata a essere suo discepolo. Nella risposta Gesù cita animali che sono sempre in movimento (la volpe per la terra e gli uccelli per il cielo), ma nonostante ciò hanno un punto di riferimento: la tana per la volpe e il nido per gli uccelli. Al contrario Gesù (e con lui il discepolo) non ha neppure la certezza di una casa e da ciò risulta la radicalità necessaria per essere seguaci di Gesù.Mentre al primo personaggio si proponeva il distacco totale dai beni materiali, nel secondo personaggio si pongono in questione i legami familiari per chi vuole andare dietro a Gesù. Di fronte all’invito esplicito di Gesù a seguirlo, il secondo personaggio oppone la necessità di provvedere alla sepoltura del padre e quel “prima” non sta probabilmente a indicare solo una questione temporale, ma che il rapporto familiare, per quel chiamato, veniva “prima” di ogni altra cosa. La risposta di Gesù, volutamente enigmatica e molto dura, rimanda al primo dei comandamenti, quello di amare Dio con tutto il cuore. Di fronte a questo amore ogni altro legame, anche quelli familiari, acquistano un valore relativo. Per i discepoli non vi è nessuno che possa venire “prima” di Gesù.L’ultima scena, tipica del solo Luca, nella quale c’è una chiara reminiscenza della prima lettura di oggi, esprime in modo chiaro e sintetico le condizioni per seguire Gesù, specificatamente presentate all’inizio del suo viaggio verso Gerusalemme. Colui che si offre di seguire Gesù («Ti seguirò, Signore») chiede di congedarsi da quelli di casa sua: si tratta evidentemente di familiari ancora viventi. La risposta di Gesù, presa dal mondo agricolo, vuole affermare che chi si dedica al servizio del Regno, sopraffatto da nostalgie, non è un buon coltivatore del Regno di Dio. In questo modo Gesù ripropone la priorità assoluta del regno sulle relazioni familiari (ma forse potremmo dire su ogni relazione umana) del discepolo.È evidente che il racconto del viaggio di Gesù a Gerusalemme è il racconto del compimento e del senso della sua missione: il Figlio obbedisce senza tentennamenti alla volontà del Padre. Questo viaggio, però, diventa anche il tipo di ogni cammino del discepolo al seguito di Gesù, chiamato a mettere le esigenze del Regno al di sopra di ogni cosa. Non si tratta di selezionare dei superuomini, dotati di doti eccezionali per vivere come Gesù, ma di persone normali, che maturata la decisione di essere discepoli del Signore, prendono sul serio questa decisione e, con l’aiuto di Dio, s’impegnano a metterla in pratica.