Il Veneto e le sue ricchezze Aumentano differenze e sprechi

Ci fu un tempo in cui la fame era una compagnia diffusa quanto perniciosa nel Veneto. Oggi la ricchezza si fa talvolta sfacciata e rimane confermata dall’essere la prima regione italiana per consumi, la povertà appare lontana, assegnata a pochi casi più o meno invisibili ed eccezionali.

February 19, 2017

| DI Emiliano Galati

Ci fu un tempo in cui la fame era una compagnia diffusa quanto perniciosa nel Veneto. Oggi la ricchezza si fa talvolta sfacciata e rimane confermata dall’essere la prima regione italiana per consumi, la povertà appare lontana, assegnata a pochi casi più o meno invisibili ed eccezionali.
Una recente ricerca dell’Università di Modena e di Reggio Emilia ha evidenziato come i lavoratori con minori tutele e senza una stabilizzazione professionale ricorrono al credito al consumo perché spinti da ragioni familiari legate a spese necessarie, anche impreviste, o a progetti familiari importanti. Il focus della ricerca è che queste forme di lavoro rimangono e rimarrano un tratto socio-economico destinato a caratterizzare un numero di clienti-consumatori sempre maggiore.
In questi anni è cresciuta una generazione preparata, attenta alle nuove tecnologie, con una cultura e una mentalità europea e con un’esperienza di studio e di lavoro non soltanto nazionale, ma essa non trova sbocchi adeguati in Italia. La maggior parte dei giovani entra nel mercato del lavoro tardi e generalmente con un lavoro precario, vive in famiglia con il padre e la madre, si sposa dopo i trent’anni e ancora più tardi ha un figlio. Esiste oggi un fenomeno di “trascinamento giovanile” che arriva alle soglie dei quarant’anni e che genera un diffuso malessere sociale, uno spreco di risorse e di energie per il Paese e una sorda e improduttiva frustrazione tra le nuove generazioni.
Le ragazze sono più penalizzate rispetto ai ragazzi: hanno più voglia di emancipazione e di affermazione, hanno più energia. L’avere un figlio le sfavorisce in molti modi: nell’assunzione, nell’esercizio del lavoro (orari, permessi), nella carriera professionale, nel superlavoro casalingo.
Oggi la società italiana ha una scarsissima mobilità sociale. Anche orizzontale, ma soprattutto verticale, dal basso verso l’alto. Una volta non era così. Il Paese è fermo, quasi paralizzato e cristallizzato. Ovviamente, in questa situazione, aumentano le differenze, le distanze, le disuguaglianze tra ceto e ceto nel reddito, nei consumi, nello stile di vita. Alla radice dello stallo in cui si trovano i giovani c’è una società chiusa, poco dinamica, che non cresce.
In questa situazione devono prevalere la capacità, il talento, il merito, la spinta all’innovazione e i bisogni di chi parte svantaggiato e ha il diritto di avere pari opportunità. L’orizzonte è l’Europa e il mondo. Una società giusta e meritocratica non può trascendere dal riformare questi meccanismi di accessibilità alle risorse e alle opportunità, alla fruibilità dei servizi, delle informazioni, per evitare che svantaggi (e vantaggi) goduti dai padri ricadano sui figli, condizionando in misura determinante il loro destino sociale, indipendentemente dal talento e dalla preparazione culturale.

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