La liturgia eucaristica di questa XXVII domenica del tempo ordinario prevede la lettura di un brano evangelico tratto dal capitolo decimo del Vangelo secondo Marco formato da due episodi. Nel primo di essi si trova la narrazione di un dialogo intercorso tra Gesù e un gruppo di farisei che lo interrogano, mentre nel secondo è descritto l’incontro tra il Nazareno e alcuni bambini che gli vengono presentati per ricevere una benedizione. Entrambe le vicende si svolgono mentre Gesù prosegue il suo cammino verso Gerusalemme continuando ad insegnare.Per volontà dell’autore del testo, che è onnisciente rispetto agli accadimenti di cui scrive, il lettore viene messo a conoscenza che il gruppo di farisei che interpella il Maestro lo fa con l’intento di metterlo alla prova e non con il desiderio di accrescere la propria conoscenza. La questione che viene posta è di tipo etico e riguarda la liceità o meno del ripudio della moglie. Ciò che nel testo è tradotto con ripudio richiama una gamma significati piuttosto ampia che include il concetto di separazione, di volontà di sciogliere o di mandare via. Sostanzialmente ciò a cui fanno riferimento i farisei è il divorzio, una pratica conosciuta e presente nei Paesi del Mediterraneo da vari secoli e prevista su iniziativa del marito. Sebbene nell’Antico Testamento non sia presente una legge sul matrimonio, nel libro del Deuteronomio si legge che Mosè ha permesso di scrivere un libello di divorzio e di ripudiare la moglie (Dt 24,1-4). Tale concessione nasce con l’intenzione di tutelare la donna ripudiata affinché abbia la possibilità di risposarsi e non sia costretta a vivere di prostituzione o di elemosina. Nella domanda dei farisei traspare la volontà di cogliere Gesù in fallo anche strumentalizzando la disposizione mosaica: ciò che Mosè, infatti, considera come possibilità essi lo trasformano in un diritto acquisito. Il Nazareno, però, risponde in maniera spiazzante poiché evita di cedere al tranello dei suoi interlocutori e, invece di soffermarsi sulla casistica religiosa o sulle condizioni necessarie per operare il ripudio, eleva il discorso portando l’attenzione sulla volontà di Dio. Il Maestro con le sue parole, che fanno riferimento ad alcuni passi del libro della Genesi (Gen 1,27.2,24), riporta la questione al desiderio di Dio del principio, dell’inizio dei tempi, quando, dopo la creazione di maschio e femmina, i due abbandonano le famiglie d’origine per dare vita ad una nuova unità. Rispondendo ai farisei l’insegnamento di Gesù porta a discernere e distinguere ciò che è essenziale da ciò che non lo è.Le parole del Nazareno sono dure ma soprattutto molto esigenti. Rischiano di spaventare e mettere ciascuno di fronte ad un grande senso di inadeguatezza. Molti (forse tutti?) prima o poi hanno sperimentato la fatica di un amore fedele nel tempo e proiettato verso il per sempre. La fragilità e la debolezza che contraddistinguono l’essere umano rendono molto difficile realizzare in pienezza tale sogno d’amore di Dio per l’umanità. Una volta giunti a casa, anche i discepoli hanno bisogno di un’ulteriore istruzione privata sull’argomento da parte di Gesù ed Egli, di nuovo, mostra di saper interpretare la Legge non in maniera legalistica come fanno i fondamentalisti, ma tornando alla radice, alla volontà del Padre. Per il Nazareno l’importante non è dirimere questioni teoriche sollevate per svelare la conoscenza e la capacità di interpretazione delle norme, ma giungere alla verità delle persone che interloquiscono con Lui. La trattazione dell’argomento del divorzio diviene un’occasione di annuncio della volontà di Dio che anche oggi la Chiesa è chiamata a ripetere.Il secondo episodio narrato nel testo evangelico descrive l’arrivo, nonostante il tentativo di ostacolo effettuato dai discepoli, di alcuni bambini che vengono presentati a Gesù perché li tocchi e li benedica. Il Maestro, dopo aver bloccato l’iniziativa dei suoi e aver avvicinato questi piccoli, afferma che il Regno di Dio appartiene a quanti sono come loro. Nella cultura giudaica del tempo i bambini non erano affatto importanti e, come le donne e gli schiavi, erano esclusi e ignorati poiché non contavano nulla. Erano persone che vivevano la consapevolezza di essere limitati, mancanti, di avere necessità degli altri. Il Nazareno annuncia l’imminenza di un regno che consente un accesso privilegiato a quanti riconoscono di non bastare a se stessi, di non essere pienamente autonomi e autosufficienti, poiché costoro sono quelli che, consapevoli del loro limite, sono capaci di accoglienza e di apertura. Di conseguenza, è necessario ammonire con forza quanti vorrebbero impedire ai piccoli e agli esclusi di avvicinarsi a Gesù.