La capacità di domandare è di chi si riconosce povero

Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: ”Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione”». Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”; e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono. Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

July 24, 2025

| DI di Lorenza Ferrari

La capacità di domandare è di chi si riconosce povero
La pagina di vangelo di questa XVII domenica del tempo ordinario presenta l’insegnamento di Gesù sulla preghiera, nella versione narrata da Luca. Diversamente da Matteo che colloca questo momento nel mezzo del Discorso della montagna, qui non è bene specificato il luogo in cui si trova il Nazareno, sebbene il contesto generale rimane quello del cammino verso Gerusalemme. Durante tale viaggio, del Maestro si dice spesso che si ferma, sosta e poi prega. Per i discepoli la visione del tempo e della cura che Egli dedica a questa azione è motivo di curiosità e interesse; pertanto, la richiesta di imparare a pregare appare comprensibile e nel solco di quanto già fatto in precedenza da Giovanni con i suoi seguaci.
In risposta alla domanda che gli è stata posta, Gesù consegna ai discepoli una preghiera piuttosto breve ed essenziale. Nel primo vangelo è presente la versione più usata liturgicamente, quella con sette domande; il testo lucano, invece, appare più succinto e riporta cinque domande, aspetto che ha portato molti studiosi a concludere che questa possa essere la stesura più antica. Nella prima parte della preghiera le suppliche sono incentrate su Dio, mentre nella seconda parte hanno come oggetto i bisogni essenziali dell’uomo.
La preghiera del Padre nostro può essere definita sostanzialmente una preghiera di domanda, di richiesta. Tale considerazione non deve stupire o lasciare perplessi poiché la capacità di chiedere esprime la consapevolezza, da parte chi si espone, di riconoscersi povero, manchevole di qualche cosa, non autosufficiente. Inoltre, solitamente si formulano richieste solo nei confronti di persone di cui ci si fida ciecamente, soprattutto se si tratta di richieste importanti. Ci si rivolge a qualcuno quando si è certi che costui non è subito incline al giudizio, bensì all’amore incondizionato, quando si pensa che prima di sentire rimproveri si troverà accoglienza e comprensione. Una relazione è solida e autentica quando coloro che la vivono sentono che possono riporre la fiducia l’uno nell’altra e che si possono presentare in verità senza alcuna maschera. Ciò non significa che chiedere sia semplice o spontaneo: per formulare una richiesta è necessaria una buona dose di coraggio, ma questo da solo non porta a nulla: alla base di tutto deve esserci la fiducia.
Gesù, nella preghiera che lascia in consegna ai suoi, insegna e sollecita a porre domande: il credente è portato a comprendere che se chiede non lo fa perché possiede la certezza di venire esaudito, poiché la richiesta esprime la speranza di ciò che si attende. L’unico che conosce e custodisce la verità dei bisogni di ciascuno è Dio; pertanto, solo Lui sa cosa è bene per ciascuna persona. L’uomo che prega chiedendo, ponendo domande è un uomo che vive in maniera dinamica la sua fede e la sua relazione con il Signore. Se si considerasse già arrivato nel suo percorso spirituale, se pensasse di avere già tutte le risposte necessarie in maniera completa ed esaustiva non sarebbe un credente, ma una persona che si autoconvince di conoscere colui che non si può mai possedere. Il percorso di vita del credente non può che essere una perenne ricerca di Dio e della sua volontà attraverso la Scrittura e attraverso la vita nell’incontro con i fratelli.
La preghiera di Gesù esorta a trascorrere la vita ben radicati nel mondo, amando il tempo che è dato da vivere e coloro che ne fanno parte, perché nessuno basta a se stesso. Ogni uomo che prega si mette in cammino e vive l’esperienza di essere come il pellegrino che possiede poco, ma che non esita a rendersi utile e a chiedere ciò di cui è sprovvisto.
Infine, ogni autentica domanda è una domanda di amore, di essere riconosciuti come creature magari piccole e limitate ma pur sempre degne di un amore grande e smisurato. La Scrittura ci ricorda che l’atto del domandare non è prerogativa dell’uomo: Dio già nei primi capitoli del libro della Genesi chiede: «Adamo, dove sei?» (Gen 3,9), e pure Gesù domanda: «Che cosa cercate?» (Gv 1,38). Tutto questo perché, prima ancora dell’uomo, è il Signore che cerca l’uomo e lo interpella perché possa divenire il meglio di sé.

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