Dopo i monumentali dialoghi di Gesù con la samaritana, prima, e con il cieco nato, poi, eccone un terzo, molto particolareggiato e vivace, costruito attorno al miracolo della risurrezione di Lazzaro (il nome significa “Dio aiuta”). L’episodio occupa un posto centrale nel Vangelo di Giovanni e fa da cerniera fra la prima parte, costellata di “segni” di Gesù, e la seconda, in cui si consuma il dramma della passione di Gesù, e la sua risurrezione. In riferimento a quest’ultima, la risurrezione di Lazzaro suona come una prefigurazione che precisa l’esito della sofferenza, dell’incomprensione e dei tradimenti che Gesù affronterà nelle sue, apparentemente ingloriose, ultime ventiquattr’ore. Pure quest’articolata narrazione di miracolo è suddivisa in più parti tra loro ben intrecciate: la malattia di Lazzaro, unito al Maestro da un’amicizia profonda; il dialogo tra Gesù con Marta e Maria, le sorelle di Lazzaro; l’inaudito miracolo cui segue una reazione a catena di pareri contrari all’operato di Gesù. La risurrezione di Lazzaro farà precipitare gli eventi, convincendo le autorità che un personaggio scomodo come Gesù è meglio toglierlo di mezzo. Inoltre sarà la chiave interpretativa in grado di rivelare, anticipandolo, il significato profondo della sua vittoria sulla morte. Nella parte finale del racconto, poco prima di intimare di aprire la tomba e di compiere il miracolo, vi è un breve dialogo denso di sfumature e di riferimenti a ciò che seguirà nel prosieguo del Vangelo di Giovanni. Marta afferma la sua fede nella risurrezione, ma pensa che si realizzerà in un lontano futuro. Gesù risponde che la risurrezione è una realtà presente che passa attraverso di Lui e, quindi, non è soltanto futura. Tra le domande di Marta e le risposte di Gesù si arriva al nocciolo della questione: poiché il Figlio di Dio è venuto in questo mondo, il riscatto della morte e il germe della risurrezione sono già presenti qui ed ora. Con caratteristica brevità, l’evangelista non si sofferma sui particolari del miracolo. Il prodigio per lui non è l’elemento più importante. L’aspetto cruciale è ribadire che Gesù ha donato la vita fisica come segno del suo potere di dare la vita eterna su questa terra, e come promessa che nell’ultimo giorno compirà per tutti quanto afferma alla sorella di Lazzaro: «Io sono la risurrezione e la vita».La morte di Lazzaro diventa un’esperienza di rivelazione. Gesù indica che la morte e la sofferenza non sono un segno dell’abbandono di Dio, ma rientrano in un disegno di salvezza e di amore, il cui senso ci viene per ora in buona parte negato. Di fronte al pensiero della morte Gesù prova dolore, tristezza, agitazione, commozione, turbamento interiore e paura. Buona parte di questi stati d’animo non gli sono estranei in questa circostanza. Gli stessi esploderanno durante la preghiera nell’orto degli ulivi, accompagnati da un senso di profonda solitudine. Tuttavia non ne resta prigioniero e decide di procedere speditamente nella via della croce con la determinazione già manifestata fin dall’inizio della sua missione pubblica.