Il germe della risurrezione è qui, in questo mondo

Giovanni 11,1-45Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro. Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?». Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».

March 25, 2020

| DI Don Maurizio Viviani

Il germe della risurrezione è qui, in questo mondo
Dopo i monumentali dialoghi di Gesù con la samaritana, prima, e con il cieco nato, poi, eccone un terzo, molto particolareggiato e vivace, costruito attorno al miracolo della risurrezione di Lazzaro (il nome significa “Dio aiuta”). L’episodio occupa un posto centrale nel Vangelo di Giovanni e fa da cerniera fra la prima parte, costellata di “segni” di Gesù, e la seconda, in cui si consuma il dramma della passione di Gesù, e la sua risurrezione. In riferimento a quest’ultima, la risurrezione di Lazzaro suona come una prefigurazione che precisa l’esito della sofferenza, dell’incomprensione e dei tradimenti che Gesù affronterà nelle sue, apparentemente ingloriose, ultime ventiquattr’ore. Pure quest’articolata narrazione di miracolo è suddivisa in più parti tra loro ben intrecciate: la malattia di Lazzaro, unito al Maestro da un’amicizia profonda; il dialogo tra Gesù con Marta e Maria, le sorelle di Lazzaro; l’inaudito miracolo cui segue una reazione a catena di pareri contrari all’operato di Gesù. La risurrezione di Lazzaro farà precipitare gli eventi, convincendo le autorità che un personaggio scomodo come Gesù è meglio toglierlo di mezzo. Inoltre sarà la chiave interpretativa in grado di rivelare, anticipandolo, il significato profondo della sua vittoria sulla morte. Nella parte finale del racconto, poco prima di intimare di aprire la tomba e di compiere il miracolo, vi è un breve dialogo denso di sfumature e di riferimenti a ciò che seguirà nel prosieguo del Vangelo di Giovanni. Marta afferma la sua fede nella risurrezione, ma pensa che si realizzerà in un lontano futuro. Gesù risponde che la risurrezione è una realtà presente che passa attraverso di Lui e, quindi, non è soltanto futura. Tra le domande di Marta e le risposte di Gesù si arriva al nocciolo della questione: poiché il Figlio di Dio è venuto in questo mondo, il riscatto della morte e il germe della risurrezione sono già presenti qui ed ora. Con caratteristica brevità, l’evangelista non si sofferma sui particolari del miracolo. Il prodigio per lui non è l’elemento più importante. L’aspetto cruciale è ribadire che Gesù ha donato la vita fisica come segno del suo potere di dare la vita eterna su questa terra, e come promessa che nell’ultimo giorno compirà per tutti quanto afferma alla sorella di Lazzaro: «Io sono la risurrezione e la vita».La morte di Lazzaro diventa un’esperienza di rivelazione. Gesù indica che la morte e la sofferenza non sono un segno dell’abbandono di Dio, ma rientrano in un disegno di salvezza e di amore, il cui senso ci viene per ora in buona parte negato. Di fronte al pensiero della morte Gesù prova dolore, tristezza, agitazione, commozione, turbamento interiore e paura. Buona parte di questi stati d’animo non gli sono estranei in questa circostanza. Gli stessi esploderanno durante la preghiera nell’orto degli ulivi, accompagnati da un senso di profonda solitudine. Tuttavia non ne resta prigioniero e decide di procedere speditamente nella via della croce con la determinazione già manifestata fin dall’inizio della sua missione pubblica.

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