Le ragioni per mantenere il Regno Unito nell’Unione Europea

Il primo ministro britannico David Cameron gioca con l’Europa e gioca con il suo Paese. Strana politica da parte di un leader che dice di voler restare nell’Unione Europea, ma lancia – in nome di una falsa interpretazione della democrazia – una consultazione popolare su un argomento tanto complesso, affidandosi a un’alternativa secca e a una sola risposta: sì o no.

June 12, 2016

| DI Jean-Dominique Durand

Il primo ministro britannico David Cameron gioca con l’Europa e gioca con il suo Paese. Strana politica da parte di un leader che dice di voler restare nell’Unione Europea, ma lancia – in nome di una falsa interpretazione della democrazia – una consultazione popolare su un argomento tanto complesso, affidandosi a un’alternativa secca e a una sola risposta: sì o no.
Il referendum è sempre molto rischioso perché non è vera democrazia, a meno che l’argomento trattato sia semplice, alla portata di tutti, e permetta a ogni cittadino di avere un’opinione propria. Come può la maggioranza degli elettori britannici essere pienamente cosciente della posta politica ed economica in gioco per sapere se davvero il bene del Paese sta o no all’interno dell’Unione Europea? Dopo più di 60 lunghi anni di costruzione comunitaria, i nostri concittadini europei non vedono più gli effetti positivi di tale progetto: la pace, lo sviluppo economico, la libertà degli scambi di merci e degli uomini (pensiamo all’effetto Erasmus al livello delle università).
Oggi si considera soltanto il discorso negativo sul funzionamento delle istituzioni (senza nemmeno distinguere poi tra responsabilità e poteri nazionali e quelli spettanti all’Ue), sulla loro incapacità a rispondere alle sfide attuali, dalle questioni economiche e finanziarie alla questione dell’accoglienza di rifugiati, e anche alla protezione contro il terrorismo. L’Europa è entrata in una tendenza di fondo antiunitaria, di ripiegamento su se stessa, di ritorno dei nazionalismi. Tra populismi e nazionalismi l’Europa è minacciata, e con essi, l’umanesimo europeo è minacciato. In tale contesto, l’uscita possibile del Regno Unito dalla “casa comune” rappresenta un vero pericolo.
Per due ragioni almeno. La prima è il fatto che il momento scelto per il referendum sul cosidetto Brexit è negativo, tanto dal punto di vista economico che sociale e politico. Gli equilibri sono fragili. Il Brexit provocherebbe una nuova tempesta che gioverebbe a tutti i nazionalisti ed estremisti del continente, che non sono pochi.
La seconda ragione viene dal contributo che il Regno Unito ha dato da sempre all’Europa, dalla cristianizzazione del continente da parte di monaci inglesi e irlandesi, al posto della persona umana nella società, i diritti umani (il Bill of Rights è del 1689), la democrazia parlamentare, il liberalismo, senza dimenticare la resistenza eroica al nazismo. Il distacco del Regno Unito dall’Unione Europea sarebbe un abbandono che comporterebbe un rischio di deriva per tutti, per gli inglesi come per gli europei.
L’Europa senza il Regno Unito sarebbe meno europea. Bisognerebbe ricordarsi l’entusiasmo che aveva accolto l’adesione britannica alla Comunità Economica Europea il 1° gennaio 1973: allora si pensava che l’Europa non potesse proseguire sul suo cammino di unità senza il Regno Unito. 43 anni dopo, come pensare che il contrario sia giustificato?

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