A partire dalla terza domenica di Quaresima il ciclo liturgico dell’anno A propone alcuni brani del Vangelo di Giovanni che sono caratterizzati da valenze battesimali. Questa domenica il nucleo centrale è costituito dal tema dell’acqua di cui si parla anche nella prima lettura rileggendo l’episodio tratto dal libro dell’Esodo in cui Mosè fa scaturire l’acqua dalla roccia. All’inizio del quarto capitolo dello scritto di Giovanni è presentato Gesù che dalla città di Gerusalemme deve tornare in Galilea e per farlo passa dalla Samaria. Avrebbe potuto optare per un percorso diverso, risalendo la valle del Giordano ed evitando in tal modo il transito per una regione nemica e ostile verso i giudei, ma il testo indica che il Maestro giungendo in Samaria sta adempiendo ad una necessità divina: era doveroso che Lui passasse di lì. Arrivato nei pressi del pozzo di Sicar a metà giornata, si ferma. È assetato ed è privo di qualsiasi mezzo per attingere l’acqua di quella cavità profonda. Quando giunge una donna samaritana, Gesù compie ciò che appare assolutamente comprensibile ad un lettore contemporaneo: chiede a colei che ha il necessario per prelevare acqua dal pozzo di dargli da bere. Facendo ciò, in realtà, secondo il contesto del tempo il Nazareno infrange più di un tabù: è un uomo solo, per di più un rabbi, che si rivolge ad una donna anch’ella sola – tale situazione può dar adito a diversi fraintendimenti rispetto alle reali intenzioni dell’approccio –; è un giudeo che si intrattiene con una samaritana – tra i due popoli per questioni storico-religiose le relazioni sono ostili e potenzialmente da evitare –; infine, anche se questo nel testo sarà rivelato successivamente, la donna si trova in una condizione di irregolarità a causa dei numerosi mariti.Nello svolgersi del dialogo entrambi i protagonisti appaiono assetati e al contempo in grado di estinguere l’uno la sete dell’altro, ma l’acqua cui si riferiscono non è la stessa: per Gesù si tratta dell’acqua del pozzo, per la samaritana dell’accesso ad una fonte inestinguibile. L’interloquire del Nazareno è incalzante ma evita ogni forzatura: lo scambio verbale, pur partendo da questioni pratiche, giunge a toccare in profondità la vita della donna che inizia a sentirsi sempre più conosciuta, sebbene mai giudicata, da quell’uomo che poi comprende essere il Messia. Dichiarando che ora non ha marito, la samaritana permette a Gesù di intuire i diversi fallimenti, tradimenti, la sete di amore vero che costituiscono il fardello che grava sulla sua vita; e mentre lei si rivela nella sua misera condizione, il Nazareno si svela come il Messia atteso, il Cristo inviato da Dio. L’incontro con Gesù sta portando un mutamento nella vita della samaritana, la sta trasformando in una creatura nuova, spingendola addirittura ad abbandonare la sua anfora, che rappresenta il motivo per cui si è recata al pozzo, per correre in città a raccontare quanto le è accaduto. La stessa donna, che all’inizio dell’episodio è descritta mentre è intenta ad attingere l’acqua nell’ora che le permette di mettersi al riparo da sguardi indiscreti, ora ritorna sui suoi passi con l’intenzione di narrare a quante più persone possibile la sua esperienza. Lo sguardo e le parole di Gesù le hanno cambiato l’esistenza e di ciò ella desidera dare testimonianza.Dall’ascolto di Gesù è scaturita la fede della samaritana e dall’ascolto della samaritana nasce la fede dei suoi conterranei. La donna che cercava di evitare chiunque, diviene testimone autentica: favorisce l’incontro con il Messia lasciando che ciascuno possa avere la possibilità di conoscerlo personalmente e non per interposta persona. Ella fa sì che quante più persone possibili riescano a sperimentare la bellezza di un incontro liberante, che apre alla speranza e che, pur partendo da un bagaglio di fatica e dolore, arriva a generare un annuncio di gioia offerto a tutti. L’augurio e l’impegno di ogni cristiano è quello di divenire facilitatori dell’incontro con Cristo che libera ed è fonte di vita.