Cara mamma, caro papà, devo ringraziarvi perché oggi, a quindici anni compiuti, sono una ragazza fortunata e molto grata a voi per quello che ogni giorno fate per me. Capisco quanto possa essere stato difficile crescermi bene e continuare a tenermi sulla “giusta via”. Spero che questo ringraziamento vi arrivi pieno d’amore, perché è così che vorrei lo sentiste.
Cercate di leggere questa lettera fino alla fine. Non so da dove iniziare, perché in fin dei conti non so nemmeno se siete disposti ad ascoltarmi. Quando mai vi ho parlato dei miei problemi? Dite sempre che siete pronti ad ascoltarmi, ma vi siete veramente chiesti se ad esempio mi sento bene guardandomi allo specchio? Come mi vanno le cose? Se mi sento a mio agio quando sto in mezzo alla gente, che critica anche il minimo difetto?
A volte cerco semplicemente di nascondere quello che mi ferisce per non farvi preoccupare inutilmente. Odio lo specchio e vedermi riflessa, nonostante siano in molti a dirmi che io non abbia nulla di cui potermi lamentare. Mi vedo diversa e brutta rispetto alle altre ragazze, ed è anche il motivo per cui cerco quotidianamente di nascondermi dietro alla maschera del trucco.
Non so nemmeno se sono una problematica sfigata o semplicemente un’enorme presuntuosa. Però quando tutto va male cerco sempre di trovare un motivo che mi faccia sorridere. E quando dico “tutto va male”, non fraintendetemi: mi riferisco a come mi sento quando sto con gli altri e come, nonostante i miei sforzi, non sia mai all’altezza delle altre ragazze.
Dite che voi non avete fiducia nella gente che mi circonda, ma la verità è che non avete fiducia in me! Vorrei solo che provaste a darmene un po’... Vi voglio bene.
Erika
Erika scrive ai suoi genitori e riconosce che hanno avuto un ruolo importantissimo nella sua crescita. L’incipit della lettera è carico di sentimenti di gratitudine nei confronti del costante e quotidiano lavoro che i suoi genitori dimostrano di offrire per lei. Subito, accanto a questo sentimento, emerge un forte bisogno di ascolto, di un ascolto che sappia rivolgersi proprio a ciò che avverte come essenziale per lei. E questo ascolto può trasformarsi in capacità di guardare, di osservare la parte più debole e bisognosa. È uno sguardo, quello che chiede Erika, che sa penetrare nella profondità dei suoi sentimenti, che sa intravedere quello che rende oscuri e difficili i suoi momenti di quotidianità. Emerge in maniera molto forte e chiara la fragilità nascosta: “mi vedo diversa e brutta nei confronti delle altre ragazze”. Questo è quello che Erika percepisce e questo è ciò di cui vorrebbe che i suoi genitori si accorgessero. Che ascoltassero. Chiede la capacità di sapere guardare dietro la maschera del trucco per cogliere in modo limpido e autentico la verità dei suoi sentimenti. Infine conclude con la constatazione che i genitori non hanno fiducia in lei, che avverte il bisogno di maggior libertà e indipendenza, e con la richiesta di fiducia. In questo modo si viene a creare un circolo vizioso: la maschera del trucco impedisce ai genitori di vedere Erika per quello che è e di conseguenza impedisce anche di fornirle la possibilità di più libertà. Di questa libertà avverte un maggior bisogno, ma non le viene offerta forse perché non si fa conoscere per quello che è.
Andrea Salvetti
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