Sulla santità pesano alcuni pregiudizi. Ad esempio, che raggiungerla sia una missione quasi impossibile riservata a pochi predestinati. Qualora si ritenesse la santità un obiettivo possibile per sé, si presume che la si debba meritare con una vita fatta di stenti e privazioni, con un deciso distacco dalle gioie di questo mondo e soprattutto con lo sguardo rivolto esclusivamente all’insù. La santità poi viene spesso associata all’osservanza scrupolosa delle pratiche di culto, al solo non infrangere le norme, anche le più minuziose, codificate nei secoli e pensate come emanazioni della volontà di Dio.Le pagine del Vangelo offrono una luce diversa su chi sia il santo e sul numero di coloro che possono raggiungere lo stato di santità. Sottolineano, infatti, che il santo è un innamorato di Dio e della vita, e che la destinazione alla santità è prevista per ciascun discepolo, come ricorda il libro del Levitico: “Siate santi, perché io, il Signore Dio vostro, sono santo”.Nel Vangelo di Matteo spicca il “Discorso della Montagna”, che brilla per il fascino e per lo slancio universale. Tale discorso vibra innanzitutto per la proclamazione delle Beatitudini. La ripetuta scansione dell’annuncio: “Beati!” dà un tono di grande felicità, di gioia piena che dovrebbe segnare, come un ritornello, non solo la lettura di tutto il Vangelo, ma anche la vita del credente. Ciascuna beatitudine comincia con la proclamazione dell’essere “beati”, cioè felici; prosegue con l’indicazione della condizione per essere tali (poveri in spirito, miti,…); e si conclude con una promessa (di essi è il regno dei cieli; saranno consolati,…). “Magna Charta del Nuovo Testamento”, questo è l’appellativo dato alla pagina delle Beatitudini proclamate da Gesù. Ciò sottolinea quanto fondativo e paradigmatico sia l’annuncio delle parole di beatitudine. La tradizione colloca la loro proclamazione in uno degli luoghi più affascinanti della terra in cui Gesù è vissuto, ovvero sulla sponda del lago di Tiberiade, laddove oggi i pellegrini si ritrovano a riascoltarla presso la chiesa – che con i suoi otto lati ricorda il numero delle Beatitudini secondo la redazione di Matteo – ideata dall’architetto italiano Barluzzi. Le Beatitudini e l’intero Discorso della Montagna offrono un progetto di vita cristiana e un decalogo evangelico valido anche per l’oggi. Possono costituire la base di ogni esperienza umana e cristiana, come suggerisce la liturgia, applicandoa alla vita e alla morte, al tempo festivo e a quello feriale, al matrimonio e alla vita religiosa. Tale Magna Charta insegna che la santità esige volontà, forza d’animo e fantasia, accompagnata dal desiderio di felicità che dovrebbe trasparire dall’esistenza dei discepoli. Non c’è nulla di più appassionante del collaborare a questa proposta, che è la più poetica e totale di tutti i progetti della storia, dove la rivelazione di Dio fa rima con la rivoluzione dei cuori. Le affascinanti Beatitudini dovrebbero essere la pagina da incorniciare su una parete della casa, la preghiera da ripetere al risveglio, la guida per i giorni bui e quelli luminosi, la traccia dell’esame di coscienza serale. In esse risuona la proclamazione gioiosa e liberante del Vangelo, unita alla radicalità delle esigenze che ne discendono come impegno per la vita. Le Beatitudini ricordano che prima dell’obbedienza alle richieste di Dio sta la scoperta dell’immenso dono ricevuto da Lui, che invita ad impregnare di Vangelo i propri ambienti (famiglia, lavoro, amicizie, ...), donando un respiro liberante alla vita, rendendola così santa.