Il mio rapporto con la religione è in complesso di diffidenza. Trovo difficile credere che esista un Dio che ci ha creati. Questo perché non credo in ciò che non vedo e che non ho la garanzia esista. Quindi sono scettico anche nel credere, nel rispettare ciò che c’è scritto nella Bibbia e nel Vangelo, soprattutto. Questi testi sono stati redatti molti anni fa, non ne conosco le origini né l’attendibilità. Nel caso del Vangelo, ad esempio, non credo ai miracoli che sono riportati: i seguaci di Gesù hanno reso meravigliose le cose che ha fatto, dicendo che ha compiuto fatti straordinari. Questo tipo di distorsione delle informazioni si è visto anche nel caso di racconti biblici, quindi vorrei chiederle se conviene credere per tutta la vita in qualcosa di cui non si ha nemmeno la garanzia che esista. Rispetto tutte le religioni e il loro insegnamento, anche se trovo solo che sia un modo per gli uomini di sentirsi meno soli nell’universo.
Alberto
Non posso contare le volte in cui mi è stata rivolta questa obiezione a scuola eppure, ad oggi, essa mi mette ancora in difficoltà. Risposte ce ne sarebbero, ma dovrebbero essere date propriamente a colui che pone la domanda, quindi a misura non solo dell’età, ma del vissuto, dei sogni, della storia personale di questo ragazzo. Non essendomi possibile, e senza voler togliere nulla al valore della sua obiezione, mi permetterei di rispondere con le parole di un pensatore credente, Blaise Pascal, del quale raccolgo tre spunti utili a tutti.
Il primo: Lavorate dunque non a convincervi attraverso l’aumento delle prove di Dio, ma attraverso la diminuzione delle vostre passioni... È il cuore che sente Dio e non la ragione. Se al nostro alunno cerchiamo di fornire delle prove, faremo un buon esercizio di razionalità ma non riusciremo a scalfire la sua diffidenza. Ci saranno sempre delle “prove” in senso contrario ad alimentare il suo dubbio. Alberto si è fatto una domanda da filosofo e tratta Dio come un argomento razionale, ma così non avrà mai una risposta che lo faccia decidere per il sì. Si deve proprio cambiare approccio: come ha ripetuto spesso papa Francesco, la verità non la si può conoscere se non la si incontra. È un percorso lungo, comunque.
Il secondo: Se questo discorso vi piace e vi sembra forte, sappiate che viene da un uomo che si è messo in ginocchio prima e dopo. Lo so, l’umiltà non è una cosa che si addica propriamente a un giovane, però in qualche modo Alberto deve capire che la sua pretesa di sapere origine e attendibilità dei testi necessita anche di questo: pazienza, studio e grande consapevolezza dei limiti del nostro pensiero. Vicino al banco, un inginocchiatoio.
Il terzo è propriamente la scommessa di Pascal: Soppesiamo guadagni e perdite scegliendo croce: Dio esiste. Valutiamo questi due casi: se guadagnate, guadagnate tutto; se perdete, non perdete nulla; scommettete quindi che esiste, senza esitare.
Gioco, rischio, guadagno, perdita non sono termini che appartengono al lessico della religione ma piuttosto a quello della vita, degli affari o altro. Forse questa provocazione così secca e immediata potrebbe smuovere qualcosa o, se non altro, far intuire ad Alberto che argomenti come la fede o Dio hanno a che fare con la nostra vita proprio come moltissime altre cose su cui “scommettiamo” molto prima di averne una evidenza scientifica. [Francesco Zenari. Mail: info@opados.it]