di DON ROBERTO PETISSI
La ricchezza di una chiamata si assapora nel corso del tempo. Ricordo da bambino frequentando la parrocchia: prendevo come modello i miei sacerdoti che con semplicità mi facevano conoscere Gesù. La loro bontà e umanità fecero maturare in me il desidero di assomigliare e provare ad essere come loro e portando la gioia del battezzato. Sì, nella mia esperienza il sacerdote era sempre gioioso, offriva un sorriso a tutti, perché in lui brillava la fiamma dello Spirito Santo. Mi sono domandato allora: “Come poter vivere in pienezza la mia fede?”. La risposta l’ho trovata nella preghiera e nell’Eucarestia. Credo che la vita di un sacerdote sia radicata su queste due colonne.
Nella mia crescita cristiana, grazie a due genitori splendidi, ho imparato che vivere la fede richiede responsabilità e forza d’animo. Ecco che da giovane chierichetto servivo all’altare con passione, sempre attento e gioioso di servire il Signore. La famiglia è stato il luogo privilegiato in cui la vocazione è cresciuta e si è consolidata. La preghiera, la parrocchia, la carità, il servizio al prossimo sono stati elementi sempre molto presenti in casa. In questi ambiti la mia cara mamma Sandra è stata maestra di vita, persona buona e generosa, amorevole e decisa allo stesso tempo, sempre tesa ad aiutare tutti. Confesso senza vergogna che la sua presenza mi manca in questi giorni di attesa e preparazione; manca soprattutto la gioia con la quale in tutti questi anni ha condiviso con me ogni passo del cammino, soprattutto qui a Verona.
Questa città è ormai diventata a me cara, perché qui ho potuto fare il “salto”, dicendo un “sì” convinto al Signore. Un salto pensato e maturato grazie a sacerdoti che mi vogliono bene e che hanno a cuore il mio futuro. La Congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri di Verona è la casa e il luogo più bello in cui potermi esprimere per come sono e vivere in pienezza la gioia dell’essere cristiani e del sentirsi fratelli. San Filippo mi guidi perché possa essere di esempio per gli altri e poter avvicinare soprattutto tanti giovani che ancora devono comprendere bene il progetto che il Signore ha sulla loro vita. L’esempio però non basta, bisogna agire e pregare per donare tutto di sé.
Donare il proprio tempo per ascoltare, per sanare le ferite dello spirito, per dissipare le incertezze della vita. Qualcuno mi chiede: “Com’è essere ordinati sacerdoti in questo tempo così difficile, con poche persone, senza grandi feste?”. Io rispondo che in fondo la vita è anche questo: se crediamo che Cristo è risorto, crediamo anche che presto torneremo a sorridere, che la morte non spezza i nostri legami umani, che una pandemia non può farci perdere il senso dell’essere battezzati, che in fondo diventare sacerdote oggi è sì una sfida, ma è anche la speranza di poter vedere un futuro rinnovato per la Chiesa. Auguro anche ai miei sei compagni e amici tanta gioia nel loro ministero, e chiedo a tutti una preghiera particolare.