In un reparto dell’Ospedale “San Bortolo” di Vicenza è stata messa in atto una gara, o sarebbe stata messa in atto una gara o competizione, coinvolgente medici ed infermieri. Vincitore della gara chi avrebbe introdotto nelle vene dei pazienti più cannule ed aghi.
Fin qui la notizia, rapidamente diffusasi, senza che mi siano giunte altre particolarità sulla “strana” competizione. Nonostante ciò, mi sembra opportuno esprimere in merito alcune considerazioni. Mettere cannule ed aghi nelle vene dei pazienti è un atto sanitario dovuto quando si devono praticare esami ematochimici od eseguire importanti terapie endovenose, spesso salva vita, per gli ammalati gravi.
Tali atti diventano invece lesioni volontarie gravi, penalmente perseguibili, quando non sono dovuti o sono inutili o diventano solamente motivo di competizione tra gli operatori sanitari.
Ho usato all’inizio verbi al condizionale sia per la pochezza di notizie e particolari a me noti sia per l’abitudine ormai diffusa di alcuni mezzi di comunicazione sociale di “sparare la notizia come bomba” in modo da coinvolgere il più possibile gli utenti, senza preoccuparsi spesso di ciò che viene comunicato se sia vero o sia verosimile o sia addirittura inventato.
Alcune considerazioni, comunque, mi sembra opportuno esprimerle. È ormai un’abitudine, un luogo comune, aggredire e colpevolizzare medici, infermieri ed operatori sanitari quando non rispettano o non difendono la salute e la vita degli ammalati negli ospedali. In questi casi è giusto denunciare certi eventi e situazioni non corrette. Ma chiediamoci: perché dobbiamo difendere la salute e la vita solo nei recinti degli ospedali? Il valore della vita perché dovrebbe essere riconosciuto e perseguito solo all’interno delle corsie ospedaliere? Gli operatori sanitari non possono avere in sé gli stessi valori di rispetto o disprezzo della vita che si ritrovano nella odierna società ed in tanti cittadini che vivono ed operano in ambiti diversi dagli ospedali?
Si pretende che medici ed infermieri appartengano ad un altro mondo!
In quale società viviamo se l’Unione Europea rimprovera l’Italia per “pochi” aborti ed il ministro si precipita a “chiarire” ed a “precisare” che anche in Italia vi sono soppressioni di esseri umani come nel resto d’Europa? In che realtà sociale viviamo se, quando avviene un omicidio stradale o meno, perché sempre omicidio è, dopo alcuni giorni o dopo poco tempo il responsabile è già in libertà? Si pretende la perfezione umana e civile solo in ospedale!
Ricordo, per concludere, quando mi insegnavano i comandamenti, che il buon Dio ha usato su questo argomento solo due semplici e chiare parole: “non uccidere”, punto.
Quando l’uomo elimina Dio dalla società e dalla propria vita, all’uomo stesso è concessa e permessa ogni cosa.