Ai tempi di Gesù alcuni studiosi delle Sacre Scritture ritenevano che prima della venuta del Signore sarebbe giunto Elia a preparare la strada al Messia. Essendo l’Avvento il tempo dell’attesa della venuta di Gesù, la Chiesa propone di soffermare l’attenzione sulla figura di Giovanni Battista e il suo ministero di preparazione all’incontro con Dio.Il Battista viene tratteggiato nelle sembianze e con atteggiamento caratteristici dei profeti dell’Antica Alleanza: l’abito che indossa (vestito di peli di cammello) era quello tipico di quanti esercitavano la profezia, ma l’annotazione della cintura di pelle attorno ai fianchi rimanda ad un tratto distintivo del più grande tra i profeti in ottica ebraica, Elia. È possibile, pertanto, identificare nella profezia l’elemento di passaggio tra il termine dell’Antico Testamento e l’incipit del Nuovo: i profeti concludono la narrazione della prima Alleanza e un nuovo profeta – l’ultimo – annuncia e prepara ad un tempo inedito. Si assiste al cambiamento che conduce dall’attenzione alla Parola all’interesse nei confronti di Colui che parla. Giovanni in questa situazione rappresenta la soglia, il trait d’union, che ricorda a tutti l’importanza di quanto è stato detto e profetizzato e invita al contempo a concentrarsi su Colui che arriverà e parlerà nuovamente. Il Battista è consapevole di essere la voce, e solo questo, di quel Gesù che è la Parola fatta carne. Giovanni non predica, non si dilunga in spiegazioni, ma si esprime con un invito perentorio – convertitevi – e un annuncio tanto sintetico quanto straordinario – il regno dei cieli è vicino. La sua voce si fa sentire nel deserto, luogo che probabilmente nessuno di noi sceglierebbe come base di partenza per un proclama rivolto a quante più persone possibili. Se il deserto è l’ambiente ostico e difficile in cui è possibile sperimentare solitudine, fragilità, debolezza, paura, addirittura angoscia, è bene ricordare che esso è anche il luogo in cui il popolo di Israele si forma e non smette di camminare, sostenuto dalla fedeltà di Dio. L’appello del Battista non lascia indifferenti, suscita movimento: le folle accorrono per farsi battezzare, per lasciarsi immergere nelle acque del Giordano, attestando il desiderio di purificazione in vista di una vita nuova. Quel Giordano, che è stato la tappa finale dell’Esodo prima dell’ingresso nella Terra promessa, adesso diventa il punto di partenza per un nuovo esodo, quello che sarà portato a compimento da Gesù, il quale offrirà un’immagine di Dio diversa e per certi aspetti lontana da quella che tanti all’epoca si erano costruiti. Anche Giovanni comprende che tra coloro che sono giunti, però, non tutti sono seriamente intenzionati a convertirsi: alcuni accettano di ricevere il battesimo in virtù di una disponibilità ad eseguire riti e nulla più. La conversione che il battesimo implica è una realtà esigente: essa necessita di un cambio di mentalità che deve trovare riflesso in un sostanziale cambio di comportamento. Non è sufficiente un’adesione formale, né tanto meno è tollerabile nascondersi dietro ad una pretesa di salvezza data da pregresse condizioni di appartenenza religiosa e culturale (“abbiamo Abramo per padre” versetto 9). Il Battista usa parole durissime e taglienti nei confronti di quanti vivono in maniera ipocrita la relazione con Dio e così facendo ancora una volta assume lo stile dei profeti che lo hanno preceduto. Sono parole che incutono timore, senza dubbio, ma quella di Giovanni è una sorta di ultima chiamata prima della venuta del regno dei cieli. Ciò che ciascuno è chiamato a comprendere in questo tempo è che il giudizio, quando arriverà, si baserà su quanto ciascuno ha operato ogni giorno, sulle scelte di bene o di male compiute nella vita. Visto così, il giudizio non diventa una scure che si abbatte all’improvviso e a nostra insaputa, ma un evento determinato da ciò che ognuno decide e opera qui e ora.
Illustrazione: Luca Palazzi