In questa prima domenica di Quaresima la liturgia propone un episodio evangelico solitamente chiamato “tentazioni di Gesù”. L’utilizzo del termine “tentazione” potrebbe essere fuorviante nella misura in cui allude a qualcosa che spinge al male, al peccato consapevole. Colui che mette alla prova Gesù è chiamato Satana, che significa avversario, ma il modo che ha di avvicinarsi a Lui e di parlargli non è quello tipico del nemico o dell’accanito oppositore, bensì quello affascinante di colui che si fa accanto nel momento di debolezza. Il male di cui ogni uomo fa esperienza nella vita spesso assume sembianze quasi piacevoli e appetibili che agevolano la possibilità che ci si lasci sedurre. L’evangelista Matteo all’inizio del capitolo quarto presenta, dunque, Gesù che viene messo alla prova da Satana e che non è esentato dalle seduzioni, ma che fa la differenza in virtù di come risponde e reagisce ad esse.Il contesto iniziale vede il Nazareno condotto nel deserto dallo Spirito, quello stesso Spirito che poco prima era sceso su di lui in occasione del battesimo nel Giordano. Gesù è in questo luogo arido e solitario e da quaranta giorni e quaranta notti sta digiunando: la fame comincia a farsi sentire. Ecco, quindi, Satana che con le sue parole lo provoca e lo tenta: se veramente Egli è il Figlio di Dio – come la voce l’aveva appellato durante il battesimo (Mt 3,17) – può approfittare della sua condizione privilegiata per sfamarsi trasformando le pietre in pane. L’invito del tentatore a Gesù mira a far sì che Egli mostri chi è in base ai poteri straordinari che ha, ma il Maestro rifugge questa logica e risponde con una frase presa dal libro del Deuteronomio (8,3) “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. La resistenza al tentativo di seduzione, di rispondere ad un bisogno fisico e immediato con mezzi non accessibili agli altri per una soddisfazione esclusivamente personale offre da parte di Gesù una grande testimonianza di fede nella vitalità, nel sostegno e nella forza della parola di Dio. Per la seconda tentazione Satana porta Gesù sul punto più alto del tempio per sfidarlo a compiere un gesto grandioso, spettacolare che potrebbe suscitare l’esaltazione popolare e un riconoscimento pubblico del Nazareno come Figlio di Dio. Il suggerimento seduttivo del tentatore è, infatti, quello di gettarsi dall’alto del tempio per essere miracolosamente sostenuto dagli angeli e acclamato Messia. Gesù si troverà a confrontarsi più volte con questa sollecitazione durante la sua vita pubblica, sovente gli verrà chiesto di produrre ancora un ulteriore segno per essere creduto definitivamente; e sempre Egli opporrà a questa aspettativa di un salvatore potente e forte, la sua immagine di Messia mite e umile. Le parole del maligno in questa parte del racconto si fanno ancora più subdole perché utilizzano narrazioni contenute in testi apocrifi e citazioni della Scrittura distorcendole e strumentalizzandole contro Dio.Con la terza tentazione il maligno mette alla prova il Maestro facendo leva sul tasto del potere esercitato dalla ricchezza: tutti i regni, le potenze del mondo potranno appartenere a Gesù se questi deciderà di prostrarsi e adorare Satana. Il cambio di passo rispetto alle due seduzioni precedenti e l’intensità crescente del racconto risultano evidenti, così come appare esplicito il differente modo di reazione del Figlio di Dio alle parole che gli vengono rivolte: non si può che opporre un categorico rifiuto. Il comando di adorare solo ed esclusivamente Dio chiude in maniera perentoria e definitiva la questione senza lasciare spazio ad eccezione alcuna; pertanto, a Satana non resta che andarsene per fare spazio agli angeli di Dio che ora sono pronti a servire il Messia. Il Vangelo di questa domenica interpella il lettore di ogni tempo invitandolo a non temere di attraversare le seduzioni che la vita pone dinnanzi, a non cedere al dialogo con il male e a rendere sempre più la Parola di Dio il riferimento della propria vita: ciò che la ispira e ciò che la guida.