Gesù risorto – ci ricordava il Vangelo di domenica scorsa – è il nostro compagno di viaggio e più avvertiamo la sua presenza, più arde in noi la fiamma del suo amore. Anche nelle nostre relazioni umane, quando sentiamo di voler bene a qualcuno, cerchiamo di entrare nella sua vita, per sapere tutto di lui; desideriamo varcare la soglia del suo cuore per scrutare i suoi sentimenti e le sue intenzioni. L’amore è fatto di piccoli, ma affrettati passi che ci permettono di addentrarci nel vissuto della persona amata, di aprire una porta che ci introduce in un universo nuovo e sconosciuto, il mondo dell’altro, che progressivamente si svela ai nostri occhi e diventa un tutt’uno con il nostro mondo. Si ama veramente solo quando si attraversa la porta della vita della persona amata e lì, in quella nuova condizione, ci si impegna con fedeltà e per sempre.Il Vangelo di questa quarta domenica di Pasqua è sintetizzato dalle parole di Gesù: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore». Conserviamo ancora vivi in noi i ricordi e le emozioni del Giubileo della Misericordia, conclusosi pochi mesi fa. In quella circostanza, avevamo intuito che attraverso quei pochi passi entravamo in un rapporto personalissimo con il Signore Gesù: era lui la nostra Porta Santa.«Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo...». Questa porta è Cristo morto e risorto: il mistero della sua Pasqua genera la nostra salvezza. Nell’ora nona di quel venerdì santo, quando il Figlio di Dio emette il suo ultimo respiro, il velo del tempio si squarcia: il Santo dei Santi, l’Inaccessibile, è svelato all’umanità (cfr. Mt 27,51). Una lancia, resa acuminata da tutto il male del mondo, trapassa il cuore del Signore: quel costato aperto diventa il passaggio attraverso il quale si accede alla redenzione. Da quel cuore trafitto sgorga come sorgente l’acqua battesimale che ci rigenera, ci fa ritrovare il Padre e ci dona una famiglia, la Chiesa; cola il sangue che, come linfa vitale, diventa nutrimento eucaristico, cibo sovrabbondante (cfr. Gv 19,34). «Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza». All’alba di Pasqua trionfa il Dio della vita in un avvicendarsi di incontri, che liberano dallo sgomento e fanno germogliare la speranza. Il Risorto chiama per nome la Maddalena, il suo pianto angosciato è placato da quella voce conosciuta, che improvvisamente le inonda il cuore di gioia (cfr. Gv 20,16); si fa pellegrino con i due discepoli di Emmaus, illumina la loro notte con i bagliori della sua Parola e sazia il loro bisogno di amore con un Pane dal sapore inconfondibile (cfr. Lc 24,30); appare ai suoi discepoli, si lascia toccare dalle loro mani tremanti, li libera dalle catene dei dubbi e della paura e semina nei loro cuori il buon grano della pace. La vita finalmente germoglia da cuore a cuore, in un trionfo di gioia (cfr. Gv 20,19ss).Inoltre, il Signore è tanto la porta quanto il pastore delle pecore. Nel nostro testo evangelico Gesù descrive il rapporto che sussiste tra il pastore e le pecore, quando dice: «Le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome... e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce». Cristo pastore ci chiama per nome, siamo unici e irripetibili ai suoi occhi. Conosce luci e ombre della nostra vicenda umana: gli ideali, che ci entusiasmano, e le disillusioni, che ci gettano nello sconforto. Si fa sguardo che penetra nel nostro intimo, per scoprire le nostre emozioni; scruta ogni nostro pensiero, per conoscere le nostre intenzioni; apre una breccia in noi, per confondersi nei battiti del nostro cuore.Noi, sue pecore, lo ascoltiamo e lo seguiamo, perché conosciamo la sua voce. Più che un punto di arrivo questi tre atteggiamenti (ascoltare, seguire e conoscere) si rivelano un programma di vita cristiana. Ogni discepolo di Gesù, laico o consacrato, nella peculiarità del suo stato di vita, è chiamato a compiere lo stesso percorso: essere sempre in ascolto della voce inconfondibile del Maestro; seguire, incarnare nella concretezza del quotidiano la sua Parola; e conoscere il Signore, sperimentando la sua comunione d’amore e la sua fedeltà.