Diceva il filosofo Pascal che, invece di lamentarci che Dio si sia nascosto, occorre rendergli grazie per essersi tanto rivelato. Sono soprattutto i Vangeli a raccontarci tanta rivelazione e il suo punto più elevato e al contempo profondo: l’insieme degli episodi della morte e della risurrezione di Gesù, che attestano che il crocifisso è davvero risorto. Gli evangelisti raccontano gli eventi nella loro essenzialità, evitando un’inutile enfasi o un tono trionfalistico fine a sé stesso. Il racconto pasquale dell’evangelista Luca non appare un distaccato resoconto di cronaca, ma una narrazione accolta e meditata nel proprio animo, così da diventare una ricca sintesi di fede pasquale che sarà consegnata ai credenti. Gli episodi – ovvero la scoperta della tomba vuota, l’annuncio della risurrezione, il percorso dei discepoli di Emmaus, l’apparizione di Gesù ad alcuni credenti e l’ascensione – sono collocati nell’arco di una sola giornata. L’unità di tempo con cui questi fatti sono presentati diventa segno che il mistero pasquale è unico e indivisibile, seppur articolato in più momenti. Il Vangelo di oggi è composto di due parti: nella prima il Risorto pone in evidenza la sua corporeità; nella seconda si appella alle Scritture non solo per motivare la sua sorte di passione, morte e risurrezione, ma anche per aiutare i discepoli a comprendere il compito di annuncio che ora viene loro consegnato. Gesù appare in mezzo ad un gruppo di discepoli. Li saluta consegnando il dono della pace. I presenti lo ritengono un fantasma e ciò li sconvolge e li riempie di paura. Gesù li rassicura e li invita a verificare le ferite, causate dai chiodi della crocifissione, ancora presenti. Gesù intende eliminare il sospetto che l’esperienza della Pasqua non sia altro che la visione dello spirito di un morto. Questo aspetto sarà di notevole importanza per i cristiani che vivono nell’ambiente greco, dove ci si immagina che lo spirito viva separato dal corpo dopo la morte. Era pertanto indispensabile precisare che Gesù risorto non è uno spirito immortale, senza corpo. Gesù non è un fantasma o uno spirito incorporeo. I discepoli infatti lo vedono e mangiano con lui del pesce arrostito. Vi è quindi una perfetta identità personale tra il crocifisso e il risorto, perché Egli ha ancora i segni della passione nelle mani e nei piedi. Non appartiene più al regno dei morti, come gli spiriti. Il pasto che Lui condivide ne è una prova concreta.Segue l’incarico missionario che Gesù consegna ai discepoli. È un concentrato di teologia della missione, nel quale l’evangelista Luca anticipa i temi che svilupperà nel suo secondo libro, Atti degli Apostoli, che descrive precisamente l’espansione missionaria, nei primi decenni, della Chiesa. Essa si fonda su questa investitura ufficiale ricevuta da Gesù, il quale le affida la responsabilità dell’annuncio in un orizzonte alquanto vasto, addirittura universalistico.Il compito della testimonianza – non certo di propaganda ideologica o di messaggio soltanto teorico – affidato alla Chiesa non domanda di sostituirsi al Risorto in un’affannosa attività evangelizzatrice, come se tutto dipendesse dalle proprie forze o dalle intuizioni pastorali, seppur apprezzabili o addirittura geniali, delle comunità ecclesiali. Compito della Chiesa è di accompagnare le persone ad incontrare concretamente il Risorto, e di portare a pienezza i semi di risurrezione che lo Spirito ha già seminato nel cuore di tutti.