Mercoledì scorso, con l’austero e al contempo solenne gesto dell’imposizione delle ceneri, ha avuto inizio il tempo penitenziale della Quaresima. Per il secondo anno consecutivo, la Quaresima è profondamente segnata dall’emergenza sanitaria per il Covid-19. Ed è caratterizzata dalla galassia di aspetti generati, o addirittura amplificati, dal virus: le vecchie e nuove paure, le incertezze sui vaccini, le preoccupazioni per le restrizioni imposte, i rischi di contagi e le angosce per le possibili conseguenze. Una Quaresima, quindi, che per l’intera sua estensione, stando alle previsioni, va collegata a doppio filo con la pandemia.Nel vocabolario della pandemia sono a poco a poco entrate parole dai toni apocalittici, come: guerra, catastrofe, abisso, ignoto, deserto. Quest’ultima parola è stata utilizzata da alcuni opinionisti per sottolineare diverse emergenze scatenate dal virus: ora per esprimere il grande vuoto interiore di persone provate nell’animo, anche tra le più giovani; ora per descrivere lo strazio causato dall’impossibilità di incontrare fisicamente amici e conoscenti; ora per rendere plasticamente la devastazione che sta diffondendosi nel mondo dell’economia.Il deserto è diventato quindi uno dei simboli delle aridità e delle privazioni di questo tempo difficile. È un simbolo che evoca ciò che in realtà è il deserto: un luogo arido e inospitale, non abitato e con scarsa vegetazione, che mette a dura prova chi intenda viverci anche soltanto per qualche ora.Nella Bibbia, e segnatamente nei Vangeli, il deserto è il luogo dove si viene sottoposti a dura prova. Ma è anche il luogo in cui il singolo e il popolo possono vivere il loro rapporto con Dio con maggiore intensità e obbedienza. Tra le aride dune ci si sente impotenti e, nello stesso tempo, ci si rifugia e ci si abbandona nelle mani di Dio. Prima il popolo ebreo durante il viaggio verso la terra promessa, poi Isaia e altri profeti, e quindi lo stesso Gesù hanno vissuto queste due realtà: di privazione e di affidamento a Dio.Già nelle prime pagine del Vangelo di Marco si trova Gesù messo a dura prova nel deserto. Il suo racconto, scarno ed essenziale, si discosta rispetto alla narrazione più dettagliata di Matteo e di Luca. Egli semplifica l’esperienza in quattro brevi frasi: lo Spirito che spinge Gesù nel deserto; la tentazione dei quaranta giorni; la vita con le fiere e il servizio degli angeli.Il periodo vissuto da Gesù nel deserto rappresenta l’iniziazione della sua attività di annuncio messianico. Per Lui vivere nel deserto è volersi sottoporre alla prova. Tra le dune vive un prolungato periodo in cui, proprio attraverso le prove, definisce l’essenza della sua missione.I Vangeli lasciano intuire, proprio nelle tentazioni che Gesù ha sostenuto e vinto, in che cosa consista la sua missione. Essa non intende perseguire il dominio sul mondo, il potere e la gloria terrena, e nemmeno la pura realizzazione dei valori mondani, anche se nobili. La sua missione vuole invece creare una disposizione permanente dell’animo verso Dio e verso i fratelli, ed è destinata a penetrare nel mondo con valori autentici, corredando le proprie azioni di una finalità e di una direzione.Il deserto per Gesù è il tempo di vicinanza particolare a Dio, di totale abbandono a Lui attraverso l’ascolto della sua parola e la preghiera. Senza lo Spirito il deserto diventa luogo di disorientamento e paura. Sotto l’azione dello Spirito il deserto diventa occasione per incominciare un cammino di prossimità e di solidarietà.Per meglio affrontare le note difficoltà e aridità di questa Quaresima molto può giovare l’ascolto della Parola di Dio e il sintonizzarsi con le modalità con cui Gesù ha affrontato la prova: riflettendo, pregando e confidando nella vicinanza del Signore.Questo tempo di preparazione alla Pasqua si presenta come un’opportunità per lottare con decisione nei tanti deserti con i quali dobbiamo convivere e per cercare delle risposte alle domande di fondo della vita che la pandemia ha riportato in prima pagina. Un’opportunità, quindi, da non sperperare e da non buttare frettolosamente sulle ortiche. Ce lo ricorda papa Francesco: “Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla”.