Non serve essere esperti di politica internazionale per sentire lo stridore delle parole pronunciate da Mike Pompeo, segretario di Stato americano, circa gli accordi tra Vaticano e Cina che verranno rinnovati il prossimo mese. Si tratta di accordi diplomatici in alcune parti resi pubblici e in altre mantenuti riservati tra Stati sovrani. Molto meno diplomatiche e per nulla riservate sono le parole di Pompeo, che vorrebbe insegnare al Papa cosa deve fare e quello che deve dire nel complesso panorama geopolitico odierno per sostenere la Chiesa in Cina. Tra pochi giorni l’alto rappresentate degli Stati Uniti sarà a Roma e avrà un incontro con la Santa Sede, perché non ha riservato a quell’occasione la comunicazione delle sue riserve sull’accordo del Vaticano con la Cina? E invece no. Prima ha “sparato” la bordata, forse con l’intento di preparare il terreno. E l’ha fatto usando un’arma tra le più potenti in circolazione, ovvero un tweet. In questo modo il Vaticano “metterebbe a rischio la sua autorità morale”, dice lui, ma per fortuna che ci sono loro a garantire pace, stabilità, benessere per tutti, aggiungiamo noi. Non scherziamo! Il silenzio del Vaticano di fronte alla grossolana provocazione è più eloquente di ogni risposta: certi “affari” si trattano con la diplomazia e ci scommetterei che quella vaticana ha già mosso i propri interlocutori per richiamare la più grande nazione del mondo a rivedere le sue metodiche comunicative quando tira in ballo la Santa Sede. Ovviamente sullo sfondo ci sono gli interessi politici ed economici che mettono in conflitto Cina e Usa, ma l’obiettivo del Vaticano è di tipo ecclesiastico e intende tenere aperto un dialogo, non facile, allo scopo di tutelare la libertà religiosa della comunità cattolica in Cina. Se a noi l’intervento di Pompeo appare scomposto nella forma come nei contenuti, diverso è il modo di sentire negli ambienti americani e forse è a questi che Pompeo si rivolge giunto alla conclusione di un mandato politico e nel culmine della campagna elettorale. Ergersi a difesa dei cattolici cinesi, ma avendo a cuore il voto di quelli statunitensi, sposta di molto l’asse delle questioni, e qualcuno con la dovuta diplomazia glielo spiegherà quando verrà a Roma.