Il prete fucilato dai tedeschi riposa nel cimitero di Giazza

Don Domenico Mercante è il defunto più noto del pittoresco paese cimbro, situato nell'alta Val d'Illasi, nel comune di Selva di Progno

September 12, 2025

| DI Redazione

Il prete fucilato dai tedeschi riposa nel cimitero di Giazza
In questo camposanto di montagna oltre alla memoria dei defunti è custodita anche la storia. Il piccolo cimitero di Giazza, frazione di Selva di Progno, nell’alta val d’Illasi, accoglie, fra le altre, le spoglie di don Domenico Mercante, parroco di Giazza dal 1943 al 1945, ucciso dai tedeschi in ritirata il 27 aprile 1945.
Situato a duecento metri a sud dell’abitato, l’ultima oasi linguistica dell’antica lingua cimbra, un dialetto tedesco altomedioevale, s’incrocia risalendo la Provinciale 10. «Fino al 1890 il cimitero si trovava dietro la chiesa del paese, poi fu spostato nell’attuale posizione, in forza dell’editto napoleonico di Saint Cloud: i morti di Giazza riposano sul Faneiban, un toponimo molto antico che significa “su al pianoro”, coniato da chi abitava a valle», ci spiega Antonia Stringher, storica locale e autrice, fra gli altri, del volume Storia di Giazza
Qui, tra le sepolture in cui si rincorrono i cognomi più diffusi del paese – Lucchi, Dal Bosco, Nordera – si trovano anche diverse tombe e lapidi dedicate ai sacerdoti del paese. La più imponente, seppur sobria nelle fattezze, si trova di fronte all’ingresso, in fondo al vialetto principale: è quella di don Domenico Mercante, noto anche ben oltre questa vallata per  la sua tragica fine. «Preso in ostaggio dai tedeschi, fu condotto attraverso un massacrante percorso: Revolto, Passo Pertica, val dei Ronchi e giù ad Ala, dove venne fucilato al bivio del Pilcante, insieme a un soldato tedesco disertore – illustra Stringher –. Il soldato, che si rifiutò di sparare al prete, si scoprì poi essere Leonhard Dalla Sega di Proves, le cui spoglie riposano nel cimitero militare di Merano».  
Alla sinistra di don Mercante c’è mons. Giuseppe Cappelletti (1871-1958), insigne studioso di lingua cimbra, nonché professore di matematica in alcuni licei di Verona; affissa sul muro retrostante, invece, una lapide ricorda don Giovanni Merzari, parroco di Giazza dal 1922 al 1936, l’ultimo a confessare in cimbro. Di questa lingua, però, non c’è traccia sulle tombe, se non in un paio di casi, riferita agli ultimi parlanti del paese.
Un tricorno e una stola sacerdotale incisi su un’altra lapide antica segnalano, nel lato est (verso cui tutte le sepolture sono rivolte), un altro prete: don Domenico Bosco. “Morto in età di anni 32 nell’Ospitale di Verona il giorno 24 ottobre 1889 in seguito a ferita toccatagli per accidentale esplosione del proprio fucile mentre cacciava”, recita il testo, posto dai parrocchiani, che “piansero amaramente la perdita del pastore amatissimo”, perito a seguito di un’infezione di tetano all’intestino.
La lapide più struggente di certo è quella dei tre fratellini di contrada Rec: «Si tratta di Irma, Rino e Giulia Boschi, uccisi da una bomba raccolta sul greto del torrente, il 27 aprile 1945 mentre pascolavano le capre – spiega la studiosa –. I miseri resti dei tre corpicini vennero sepolti insieme in un’unica cassa». Tre vittime innocenti del conflitto, di soli quattro, cinque e sette anni, straziati in riva al Progno: la curiosità per quell’oggetto, che somigliava a una penna, fu loro fatale. 
All’esterno del cimitero si trovano altre tracce della guerra. «A destra del cancello, una targhetta ricorda Beniamino Nordera, soprannominato Fre, falciato dai tedeschi in ritirata il 27 aprile 1945, al momento del sequestro di don Mercante, proprio nelle vicinanze del cimitero di Giazza», prosegue Stringer. A lato, alcune targhette a forma romboidale fissate lungo la cinta perimetrale del cimitero rammentano invece i dispersi della Prima guerra mondiale. 
Sempre sul fronte strada sono collocati due cippi e una lapide. «Ricordano la tragica morte di finanzieri della Regia guardia di finanza, periti sotto le valanghe di neve», conclude la storica locale, che continua a raccogliere i tanti fatti accaduti in questo paese, minuscolo eppure grande crocevia di storie. 
Il cippo, ormai sbiadito, è intitolato al sottobrigadiere di Finanza Pietro Conrado e alle guardie Pasquale Battistini, Enrico Caprara, Adolfo Marinelli, Gaetano Negretti e Arturo  Rosson: tutti “miseramente perirono, travolti da immane valanga, il dì 14 marzo 1895, vittime onorate del dovere”. La tragedia avvenne in val Fraselle, dove avevano la caserma; stavano perlustrando la zona, di passaggio dei contrabbandieri, quando si staccò un’enorme valanga che travolse sei di loro, lasciando solo due superstiti. 
Un’altra nevicata eccezionale accadde quattro anni più tardi. Lo ricorda un’altra lapide, qui collocata “Alla cara memoria di Alberico Silvino, Gastaldi Andrea, Gasperoni Pompeo, agenti della Guardia di Finanza da immane valanga sepolti alla briglia di Revolto 26 gennaio 1899, vittime eroiche del dovere, riposino in pace”. I tre stavano rientrando alla Dogana vecchia: spararono un colpo in aria per farsi riconoscere dai compagni, ma il boato innescò una valanga che li prese con sé.  

Tutti i diritti riservati

!w-[42px] !h-[42px]
Sei un abbonato a Verona fedele e desideri consultare il giornale anche via web, sul tuo computer, su tablet o smartphone?
Lo puoi fare in modo rapido e gratuito. Ecco alcuni semplici passaggi per accedere alla tua edizione online e per installare l'App:

w-fullw-full