La cura degli anziani è in mano alla scienza e alla relazione gratuita

Di fronte ai problemi dell’invecchiamento della popolazione solo il Papa ha il coraggio di intervenire

March 14, 2015

| DI Marco Trabucchi

Un recente editoriale di Lancet, una delle più prestigiose riviste mediche al mondo, richiama l’attenzione sui problemi posti dalla vecchiaia della persona e dall’invecchiamento della specie umana, affermando che per la prima volta nella storia ci troviamo di fronte ad un fenomeno di così grandi proporzioni e, soprattutto, avvenuto in pochissimo tempo. Ci si potrebbe aspettare che di fronte a questa realtà vi sia una grande mobilitazione da parte dei responsabili politici a livello planetario; dobbiamo invece constatare che solo papa Francesco ha preso posizione con coraggio e determinazione, ponendosi così ancora una volta come grandissimo leader mondiale. Su queste tematiche ho avuto la grande gioia di ascoltare il messaggio che papa Francesco ha rivolto ai partecipanti ad un convegno sulle cure palliative per gli anziani, organizzato la settimana scorsa dalla Pontificia Accademia per la Vita. Cito alcuni passaggi dell’intervento: «Tutta la medicina ha un ruolo speciale all’interno della società, come testimone dell’onore che si deve alla persona anziana e ad ogni essere umano. Evidenza ed efficienza non possono essere gli unici criteri a governare l’agire dei medici, né lo sono le regole dei sistemi sanitari e il profitto economico». Il Papa fa un’affermazione molto forte, perché attribuisce alla medicina il compito di rappresentare l’intera società nell’onorare le persone fragili. Per i medici è una responsabilità pesante, perché con i nostri atti di cura non rappresentiamo solo noi stessi, ma l’intera società. Ciò comporta che, anche nei momenti di debolezza, di sconforto, di difficoltà, noi operatori della salute dovremmo ricordarci di questo compito nobile; non rappresentiamo il solo sistema sanitario, ma tutta la collettività. Cito un altro passaggio del discorso: «Apprezzo il vostro impegno scientifico e culturale per assicurare che le cure palliative giungano a tutti quelli che ne hanno bisogno. Incoraggio i professionisti e gli studenti a specializzarsi in questo tipo di assistenza, che non possiede meno valore per il fatto che “non salva la vita”». Il Papa ancora una volta è capace di uno sguardo sistemico; pensa al domani quando invita i giovani, spesso affascinati solo dalle alte tecnologie, ad occuparsi di interventi apparentemente meno incisivi, ma che alla fine «valorizzano la persona». Pensa a tutti noi quando dice: «L’abbandono è la “malattia” più grave dell’anziano, e anche l’ingiustizia più grande che può subire: coloro che ci hanno aiutato a crescere non devono essere abbandonati quando hanno bisogno del nostro aiuto, del nostro amore e della nostra tenerezza». Queste frasi si riallacciano a quanto Francesco aveva affermato qualche giorno prima in un’altra occasione. «C’è qualcosa di vile in questa assuefazione alla cultura dello scarto»; «Una società senza prossimità, dove la gratuità e l’affetto senza contropartita vanno scomparendo, è una società perversa». In un altro discorso aveva detto ancora: «È relativamente facile assistere gli anziani per alcuni giorni, ma è estremamente difficile prendersi cura di una persona per mesi o anni, soprattutto se questa non è in grado di esprimere gratitudine». Mi permetto di sottolineare che il Papa usa parole semplici, concrete, vicine alla vita di tutti nelle difficoltà quotidiane (la tenerezza!); ma, allo stesso tempo, quando lo ritiene opportuno, usa termini durissimi, ai quali non siamo abituati nel linguaggio ecclesiastico: “società perversa”, “qualche cosa di vile”. C’è un filo rosso nelle parole del Santo Padre: la cura delle persone più fragili passa attraverso la scienza, gli operatori e la loro professionalità da una parte, e la relazione gratuita e generosa di tutti, dall’altra. Parole antiche, oggi attualissime.

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