Nel secondo girone del Purgatorio Dante accompagnato da Virgilio incontra le anime degli invidiosi. Tra di esse spicca Sapia senese, donna di grande cuore, ma invidiosa, lieta dei mali altrui più che della sua buona sorte. Sale poi nel terzo girone dove si aggirano gli iracondi, avvolti da un fumo intenso e acre. Ed ecco l’incontro straordinario con Marco Lombardo, un cortigiano retto, distaccato dalle ricchezze, austero, ma iracondo. I due si intrattengono sul male della corruzione. È pur vero, ammette Marco Lombardo a Dante, che il mondo è inondato da malvagità: “Lo mondo è ben così tutto diserto / d’ogni virtute, come tu mi sone, / e di malizia gravido e coverto / … lo mondo è cieco”. Marco Lombardo spiega a Dante che ciò non dipende dagli influssi delle stelle, cioè dalla natura dell’uomo, in se stessa: “Voi che vivete ogni cagion recate / pur suso al cielo, pur come se tutto / movesse seco di necessitate”. Se ciò fosse vero, sarebbe distrutta la libertà: “In voi fora distrutto / libero arbitrio, e non fora giustizia / per ben letizia, e per mal aver lutto”. In realtà, la malvagità che inonda e devasta l’umanità dipende dal cattivo uso della libertà: “Lume v’è dato a bene e a malizia, / e libero voler”. Un tale dono di Dio qual è la volontà va, dunque, educato ad un esercizio corretto cioè a inseguire il bene. Pur conoscendo che cosa è bene e che cosa è male, l’anima va subito in cerca di ciò che le piace invece del vero bene: “L’anima semplicetta / volentier torna a ciò che la trastulla. / Di picciol ben in pria sente sapore; / quivi s’inganna, e dietro ad esso corre”. Tuttavia, Marco Lombardo segnala a Dante anche una seconda causa della malvagità dilagante: la mancata distinzione dei poteri, quello civile temporale e quello ecclesiastico spirituale, motivo per il quale nessuno si sente obbligato ad obbedire alle leggi: “Le leggi son, ma chi pon mano ad esse?”. Dante conclude il canto XVI con la constatazione amara che potere civile e religioso erano nelle mani di uno solo: papa Bonifacio VIII.
Da questo testo poetico raccogliamo almeno un messaggio per l’Anno giubilare. L’uomo è portato a scaricare le conseguenze delle proprie azioni malvage o sull’impeto dei propri istinti ingovernabili o sugli altri. L’Anno Santo sollecita a riflettere sul senso delle proprie responsabilità, cioè sulla condotta morale individuale, che ha ricadute sulla persona stessa e sulla vita sociale.

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