Dante è un uomo e un poeta dalle mille domande ingegnose, di cui intesse il suo poema. È segno della sua insaziabile sete di verità che solo in Dio ha il suo appagamento. Da una domanda esaudita nasce poi in lui un’altra domanda come un pollone da un ceppo. Cerca le risposte. Ed esse vengono da Beatrice che in Dio vede le domande stesse di Dante. Una prima domanda: qual è la vera sede dei beati che a lui è dato di vedere di cielo in cielo? Se Dante li vede di cielo in cielo è solo per venir incontro a lui e comprendere il grado di gloria che caratterizza le schiere dei beati. In realtà, precisa Beatrice, tutti sono e vivono nell’Empireo, ognuno al suo posto, nella candida Rosa. Seconda domanda: che colpa ne ha il soggetto se la sua volontà è stata forzata, come nel caso di Piccarda Donati e di Costanza? Perché ne ha merito inferiore? Risponde Beatrice: la volontà ferrea non cede minimamente, come il fuoco che sempre tende all’alto, anche sotto la violenza del vento. Così hanno fatto Muzio Scevola e san Lorenzo. A questo punto, e siamo all’inizio del canto quinto del Paradiso, Dante dà una bellissima definizione di libertà. La definisce il dono maggiore che Dio ha fatto ad ogni uomo e solo all’uomo. Si tratta del dono che lo fa specificamente uomo e davvero simile a Dio, unito al dono dell’intelligenza: “lo maggior don che Dio, per sua larghezza, / fesse creando ed alla sua bontate / più conforme e quel ch’e’ più apprezza, / fu della volontà la libertate; / di che le creature intelligenti, / e tutte e sole, fuoro e son dotate”. Beatrice sollecita Dante e prestarle attenzione e a tenere a mente ciò che gli stava confidando: “apri la mente a quel ch’io ti paleso, / e fermalvi entro; ché non fa scienza / sanza lo ritenere avere inteso”. Infine, Dante stesso ammonisce le persone a non prendere troppo alla leggera i voti: “Non prendan li mortali il voto a ciancia. [...] / Siate, Cristiani, a muovervi più gravi: / non siate come penna ad ogne vento”.
Ora qualche suggerimento. Anzitutto, l’Anno giubilare che sta volgendo al termine è stata una opportunità singolare per esercitarci a usare con saggezza il dono della libertà, specialmente nel lasciarci liberare dal sistema del peccato. In secondo luogo, è stato una grazia che Dio ha dato a tutti per essere fedeli alla vocazione specifica di ognuno, quella alla vita consacrata nella verginità e quella alla vita di famiglia sancita dal sacramento del matrimonio.