Figura di rilevo del canto tredicesimo dell’Inferno è Pier della Vigna, giurista e letterato. Segretario e consigliere dell’imperatore Federico II, nipote di Federico Barbarossa, si uccise per disperazione. Era fedelissimo al suo imperatore, di cui aveva guadagnato l’assoluta fiducia, al punto che, autorizzato dallo stesso imperatore, prendeva decisioni, in positivo o in negativo, a nome del sovrano: “Io son colui che tenni ambo le chiavi / del cor di Federigo e che le volsi, / serrando e disserrando, sì soavi /che dal secreto suo quasi ogn’uom tolsi” (Inferno XIII, 58-60). Gli si era dedicato con tutte le sue capacità. Giorno e notte. Con assoluto senso del dovere: “Fede portai al glorioso offizio, / tanto ch’i’ ne perdetti li sonni e’ polsi” (Ivi, 62-63). La cosa non poteva passare inosservata agli occhi dei cortigiani. Dava loro fastidio essere da lui del tutto scavalcati e sostituiti. Era da aspettarsela che gliel’avrebbero fatta pagare. Scattò in loro l’invidia che Dante definisce “meretrice, delle corti vizio”, in quanto si prostituisce ad ogni forma di iniquità pur di averla vinta. Gli hanno fatto terra bruciata nei confronti dell’imperatore, calunniandolo con accuse infamanti, alle quali Federico II prestò fede. Lo fece accecare e imprigionare. Preso dalla disperazione, si tolse la vita in carcere, con la coscienza, comunque, di aver sempre fatto il suo dovere: “Vi giuro che già mai non ruppi fede / al mio signor” (Ivi, 74-75). Certo, Dante non poteva approvare il suo suicidio, per cui lo ha collocato nel secondo girone del settimo cerchio, tra i violenti contro se stessi, cioè tra i suicidi. Tuttavia, fa vibrare nei suoi riguardi una grande simpatia e una profonda venerazione.Ne ricaviamo almeno due messaggi per l’Anno giubilare. Il primo: Pier della Vigna è rimasto fedele al suo imperatore terreno. Noi cristiani siamo chiamati ad essere fedeli al nostro Imperatore, Dio, che è anche Padre, il quale ci ha gratificati di una divina fiducia e benevolenza. Il secondo: Pier della Vigna si è sentito devastare l’animo dall’invidia. In questo Anno giubilare ogni cristiano è impegnato a bonificare il proprio animo da ogni forma di invidia che, per averla vinta, non si arresta nemmeno di fronte a possibili calunnie che distruggono l’onorabilità delle persone.
† Giuseppe ZentiVescovo emerito di Verona