Accompagnato da Beatrice, Dante viene trasportato da una forza misteriosa a lui estranea nel cielo della Luna. Il primo incontro che fa con un’anima salvata è con Piccarda Donati. A prima vista la ritiene una immagine riflessa in uno specchio. Beatrice interviene per correggere l’equivoco, ricordando a Dante che era una persona vera. Chi era Piccarda e perché si trovava nel cielo della Luna? Era la sorella di Forese e di Corso Donati. Entra subito in dialogo confidenziale con Dante, raccontando il suo dramma. Divenuta monaca tra le clarisse, fu costretta a lasciare il monastero dal fratello Corso, allora podestà di Bologna, per essere data in sposa a Rossellino della Tosa: “I’ fui nel mondo vergine sorella; / e se la mente tua ben se ne riguarda, / non mi ti celerà l’esser più bella, / ma riconoscerai ch’i’ son Piccarda, / che posta qui con questi altri beati, / beata sono in la spera più tarda”. Spiega a Dante come, attratta dal carisma di santa Chiara, decise di farsi monaca, ma la ragion di stato la strappò dal monastero: “Dal mondo, per seguirla giovinetta / fuggi’mi, e nel suo abito mi chiusi, / e promisi la via della sua setta. / Uomini poi, a mal più che ch’a ben usi, / fuor mi rapiron della dolce chiostra: / Iddio si sa qual poi mia vita fusi”. Dante, soprattutto nel suo viaggio in Paradiso si mostra insaziabile di risposte alle sue infinite domande. Chiede spiegazione del fatto che, anche se collocata all’ultimo grado di beatitudine, appunto nel cielo della Luna, non desiderasse un grado maggiore di gloria, per cui non fosse in qualche modo del tutto beata. Piccarda svela che in cielo tutti sono beati, perché conformati alla volontà di Dio: “E ’n la sua volontade è nostra pace: / ell’è quel mare al qual tutto si move / ciò ch’ella cria e che natura face”. Riconosce di essere collocata nel posto che essa stessa si è predisposta con i comportamenti tenuti nella vita terrena. E Dante comprende come in cielo ogni condizione è comunque paradiso: “Chiaro mi fu allor come ogni dove / in cielo è paradiso, etsi la grazia / del sommo bene d’un modo non vi piove”. Piccarda segnala accanto a sé Costanza d’Altavilla, lei pure costretta a lasciare la clausura.
Almeno due messaggi per l’Anno giubilare. Il primo: si raggiunge davvero la pace del cuore solo nel compimento della volontà di Dio. Il secondo: nessuna ragione al mondo ha diritto di distogliere una persona dalla sua vocazione, a maggior ragione se ha natura di consacrazione verginale.