Siamo al canto VI del Purgatorio. Ovviamente un canto politico. Dante sta accomiatandosi dalla folla delle anime, alle quali promette suffragi. Intanto il sole volge sul tardo pomeriggio. Virgilio segnala a Dante un personaggio tutto solo, altero e sdegnoso. Virgilio gli si avvicina e gli chiede quale sia la strada migliore per salire al monte. Quel tale chiede a Virgilio quale sia la sua patria. Appena udito che era di Mantova, si palesò come Sordello da Goito, un trovatore del secolo XIII, un perfetto cortigiano, dalla vita splendida, convertitosi alla fine della vita. Virgilio e Sordello si trovarono abbracciati l’un l’altro, per il solo fatto di essere della medesima città.
A questo punto Dante non trattiene più in sé la sua veemente e accorata apostrofe all’Italia. A che cosa mai si è ridotta l’Italia! “Ahi serva Italia, di dolore ostello, / nave sanza nocchiere in gran tempesta, / non donna di province, ma bordello!”. Non signora di altre province, ma schiava. Senza guida, luogo di prostituzione dei vari signorotti, che se la contendono, dai Montecchi ai Capuleti, tanto per evocare il dramma di Giulietta e Romeo, a causa dei partiti che si combattono e si distruggono reciprocamente. La causa vera? L’assenza in Italia del potere imperiale, interamente assorbito in Germania, lasciando abbandonata l’Italia “giardino dell’Impero” alla mercé delle fazioni.
Dante insiste perché l’imperatore Alberto I d’Asburgo venga a verificare personalmente la condizione miserevole dell’Italia. E nel contempo supplica Cristo di rivolgere il suo sguardo proprio sull’Italia, conscio tuttavia dell’imperscrutabile disegno divino.
Quale messaggio è contenuto in questi versi per l’Anno giubilare? Dante si è rivolto all’Italia con quel grido: “Ahi, Italia, di dolore ostello!”. Ma oggi rivolgerebbe il medesimo grido all’intera umanità: “Ahi, umanità, di dolore ostello!”. Di fatto, l’intera umanità è in stato di sconfinata e atroce sofferenza, a causa delle guerre in atto, delle ingiustizie, delle prepotenze, degli eccidi, delle frodi, della fame, della sete, delle epidemie… L’Anno giubilare è finalizzato a far ricuperare all’umanità intera senso di speranza, fondata sulla fede, facendo appello ai capi di stato, perché se ne facciano promotori e ad ogni persona, perché intessa le proprie giornate di motivi di speranza. Magari sotto la guida di un nocchiere affidabile, qual è papa Leone XIV.