In questi giorni si parla spesso di due persone, molto diverse tra loro: Alberto Trentini e Charlie Kirk. Il primo è un operatore umanitario veneziano, 46 anni, che si trova in un carcere di Caracas (Venezuela) dal 15 novembre, con l’accusa di cospirazione: era in quel Paese da meno di un mese con la ong Humanity & Inclusion, che conta 3.500 dipendenti dislocati in più di 60 nazioni, impegnata nell’assistenza umanitaria alle persone con disabilità. Il secondo, classe 1993, è un’attivista politico statunitense, sposato e padre di due figli, che nel 2012 ha creato l’associazione senza scopo di lucro Turning Point Usa, nata per promuovere idee politiche conservatrici nei campus universitari e nelle scuole statunitensi: proprio durante un evento di questo genere è stato assassinato il 10 settembre. 
Distanti tra loro, hanno una cosa in comune: il loro dramma è usato per finalità propagandistiche. Dell’italiano si servono alcuni ambienti della sinistra italiana per accusare il governo Meloni di inefficienza e di intervenire solo per gli “amici” (vedi Chico Forti) e alcune realtà di destra per insinuare che la sinistra più estrema è rimasta in silenzio per non andare contro Nicolás Maduro. L’americano è utilizzato dalla destra mondiale – e da associazioni di ispirazione cristiana – come prova del fatto che la sinistra alimenta ovunque odio e menzogne verso tutti coloro che, in maniera personale o associata, si impegni a difendere la vita, la famiglia, la libertà educativa.
Personalmente non li voglio usare, e quindi nemmeno difendere o accusare. Mi preme però ricordare che prima di tutto sono persone, con le loro vicende private, le loro relazioni, le loro opinioni che sempre, quando sono tali – ovvero razionali, ragionevoli e che non hanno la pretesa di essere certe o uniche – vanno accolte con il “pregiudizio” che qualcosa di buono abbiano da offrire a un ragionamento umano che è sempre limitato.
Ha commentato in questi giorni il ministro Antonio Tajani: «Chi la pensa diversamente da noi, non è mai un nemico, ma un avversario con cui confrontarsi». Questa linea la ritroviamo pure nella lettera pastorale Sul limite, dove il vescovo Domenico Pompili mette in guardia dal “trasformare chi ci sta accanto da dono in problema, da presenza che arricchisce a ostacolo che limita e intralcia il nostro desiderio” e dal cadere nella logica perversa dell’alibi “che riduce l’esistenza a una partita a somma zero, dove il bene dell’altro coincide automaticamente con il mio male”.

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