Il valore e la fragilità dell’arte

| DI Luca Passarini

Il valore e la fragilità dell’arte
“L’arte non insegna niente, tranne il senso della vita”: così scriveva Henry Miller nel suo libro The Wisdom of the Heart, pubblicato a New York nel 1941 e arrivato in Italia solo qualche decennio dopo con il titolo de Il giudizio del cuore (Marinotti, 2006).
Nato a Manhattan nel 1891, Miller ha avuto un’adolescenza e una giovinezza particolarmente turbolenta tra vicinanza al socialismo americano, studi interrotti, vari matrimoni, contatti con il surrealismo nei suoi anni a Parigi. Gli studiosi dicono che è uno di quegli artisti che non ti possono lasciare indifferente: o lo osanni o lo denigri. 
Nel libro da cui abbiamo preso la citazione iniziale, condivide con i lettori una serie di riflessioni, tra cui un grande elogio all’arte nelle sue diverse forme: scrittura, pittura, cinema, fotografia. Il tutto mentre intravedeva una civiltà alle soglie della catastrofe mondiale, da cui solo l’arte può salvare. D’altronde, i Pontefici che si sono alternati negli ultimi decenni, a partire da Paolo VI, hanno rimarcato più volte come essa sia la via per rompere la superficialità, aprire alla sana inquietudine, insistere sul dialogo anche laddove le parole non sono possibili o sufficienti, scegliere la gratuità come stile.
Tutto questo, se non stiamo attenti, ce lo stiamo facendo rubare o rischiamo di perderlo. Ho usato due espressioni non casuali che ci vengono da altrettante vicende della cronaca recente. La prima è il furto avvenuto alLouvre: i francesi si sono fatti rubare tesori d’arte di inestimabile valore; colpa anche di varie falle e approssimazioni nella sicurezza, tra cui scegliere come password per accedere ai sistemi di sicurezza proprio “Louvre” (con buona pace di chi per fare lo Spid ha dovuto inventarsi chissà cosa per avere la soddisfazione di non essere ripreso perché troppo debole).
La seconda è la sparizione per alcuni giorni della Natura morta con chitarra di Picasso (valore 600mila euro). Pare quasi assurdo, ma sembra che se gli addetti al trasporto sicuro se la siano dimenticati nell’androne del palazzo dov’era custodita e la portinaia, pensandola un pacco non ritirato, l’abbia poi dimenticata in uno sgabuzzino.
Non si capisce bene se le cose siano andate effettivamente così, ma la sensazione è che rischiamo di non dare tanto valore all’arte, con il rischio che dimentichiamo poi – stando alle parole di Henry Miller – il senso della vita. Al contrario, proprio quest’opera di Picasso ricorda che l’arte può reinventare il reale: e pure noi lo possiamo rinnovare, portandovi ciò che essa da secoli ci testimonia.

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