Il rigore non solo artistico di Bellocchio

Il rigore non solo artistico di Bellocchio
Ultimo testimone di quella “ondata nuova” – mai chiamata così, ma che lo fu di fatto – che cambiò radicalmente il cinema italiano a partire dagli anni Sessanta, Marco Bellocchio non finisce di stupire per il rigore artistico della sua opera.
Rigore che è anche civile e storico, come ha già dimostrato in passato, ad esempio con Buongiorno, notte che raccontava dal suo punto di vista il caso Moro.
In questa nuova opera Bellocchio – aiutato da una grande sceneggiatura che con lui firmano Ludovica Rampoldi, Valia Santella, Francesco Piccolo e Francesco La Licata – si dedica ad una figura importante e assai controversa del nostro recente passato, quella di Tommaso Buscetta.
Forse sapremo un giorno, visto che la storia non ha ancora dissipato molte ombre, quanto aveva inciso e quanto avrebbe potuto incidere di più la testimonianza del primo grande pentito di mafia che, soprattutto accompagnato da interrogatori competenti e incalzanti come quelli di Giovanni Falcone, ha rivelato molto di ciò che sappiamo ancor oggi sulla terribile organizzazione criminale.
Bellocchio lavora in questo film con un cast di attori bravissimi: a partire da Pierfrancesco Favino nei panni del protagonista, che offre un’interpretazione magistrale, ma non gli sono da meno, e non è possibile citarli tutti, Fausto Russo Alesi come Giovanni Falcone, Nicola Calì che è Totà Riina, Giovanni Calcagno come Gaetano Badalamenti, Luigi Lo Cascio come Totuccio Contorno.
La fotografia di Vladan Radovic, il montaggio di Francesca Calvelli e le musiche di Nicola Piovani contribuiscono ulteriormente alla qualità dell’opera.
Si alternano nel racconto le vicende private, se mai fosse possibile riconoscere una vita privata in una storia personale del genere, a quelle criminali e poi giudiziarie. Quindi i delitti, le vendette, le orribili strategie mafiose e il maxiprocesso di Palermo, che per la prima volta nella storia italiana scoperchiò un vaso di Pandora denso di trame, delitti, connivenze, silenzi e complicità.
Ma Bellocchio è regista troppo sensibile e acuto per sapere che film di questo tipo possono incorrere in un duplice rischio: o essere troppo didascalici, perdendo di intensità cinematografica; oppure concentrare talmente l’attenzione su un protagonista comunque controverso da farne una specie di eroe suo malgrado.
Qui i rischi sono entrambi evitati con capacità e sapienza, regalandoci un’opera che andrà mostrata nelle scuole e in occasioni pubbliche: per non dimenticare, mai.

Tutti i diritti riservati

!w-[42px] !h-[42px]
Sei un abbonato a Verona fedele e desideri consultare il giornale anche via web, sul tuo computer, su tablet o smartphone?
Lo puoi fare in modo rapido e gratuito. Ecco alcuni semplici passaggi per accedere alla tua edizione online e per installare l'App:

w-fullw-full