Con questo canto propongo ai cittadini e alle cittadine di Verona di cambiare nel 2021 il nome di Piazza dei Signori in Piazza Dante in occasione dell’anniversario dei settecento anni dalla sua morte.
«Perché con viso torvo, o fiorentino,dall’alto del marmoreo piedistallo,rimiri il fu palazzo ghibellino?
V’è forse in te il rimproverar d’un fallo?Ancor sei corrucciato col Signoreseduto in groppa all’algido cavallo,
da cui, per non sentirti debitore,partisti da Verona per il marea consumare l’ultime tue ore?»
Così diss’io, trovandomi a osservareil volto disdegnoso del Poeta.Ed ei che m’ebbe udito dubitare:
«Non sono irato», disse a voce queta,«ma rassegnato a tanta indifferenzache dovrebb’esser nota e par segreta».
E qui parve guardar, sanz’indulgenza,di fronte a sé l’angusto vicolettoche causa io credei di sua sentenza.
Allor mi volsi verso il pertugettoche dalla piazza detta “dei Signori”a quella “delle Poste” va diretto.
E come alzai lo sguardo tra i due fori,m’apparve innanzi agli occhi un’iscrizioneche tra i mattoni e ’l marmo sporgea fuori.
Pensai che fosse quella la cagionedel borbottar sommesso, quando lessiquel nome, a cui si deve devozione,
storpiato da color che, forse fessi,con ridondanza scrissero Allighieriinvece che Alighieri. Ahimé, che dessi!
I’ cominciai: «Poeta, volontieridimanderò al consiglio cittadinoche mondi quell’error per cui disperi».
Ed elli a me, con sdegno saturnino:«Non è uno strafalcione, come credech’io sia adirato con lo scalpellino».
Io stava come quei ch’apparir vedesull’altrui volto un ghigno risentitoe pensa e non capisce che succede.
Quand’ecco dal mio orecchio fu avvertitoun chiacchierar stranito e petulante.Mi volsi e vidi un tale che col dito
schiacciando un mattoncino, deliranteparlava con se stesso. E mi fu udito:«Son qua. T’aspetto. Vieni in Piazza Dante».
Qual è colui che postogli un quesitonon trova, pur pensando, soluzionee tosto che la trova n’è colpito,
tal era io, risolta la questionedel volto che poc’anzi s’abbruniva.Perciò ricominciai, con decisione:
«Poeta la cui fama è ancora viva,ora ho capito ciò che ti tormentae sanz’indugio prendo iniziativa».
Allor con quell’ardor che il cuore imprenta,mi misi a verseggiare questo cantoche giunge a te lettor, ché tu lo senta.
Ne la città che gli fu cara quantola sua Fiorenza da cui fu bandito,la nota piazza, di cui egli è il vanto
pe ’l monumento dove fu scolpito,perché ai signori è stata intitolatae invece a lui quel vicolo scipito?
I veronesi l’hanno battezzatacon il suo nome, non con quell’altrui,e con quel nome l’hanno sempre amata.
Per onorar la gloria di coluiche qui a Verona scrisse le terzinecosì che l’eternò co’ versi sui,
propongo, o cittadini e cittadine,la Piazza dei Signori detta innantenel centenario dall’umana fine
si chiami d’ora innanzi Piazza Dante.