Quei "puoti" nel palazzo con il senso dell’humor

L’originalità del Turco-Sagramoso-Scandola e dell’edificio che fa le boccacce di fronte. E la statua si volta di là...

| DI Emma Cerpelloni

Quei "puoti" nel palazzo con il senso dell’humor
Nel 1575, 450 anni fa, venne ultimato uno dei più curiosi palazzi privati di Verona. È in via San Cosimo, la stretta strada che collega via Leoncino con piazza Nogara. Si tratta del palazzo Turco-Sagramoso-Scandola, noto come “la casa dei puoti”, che in dialetto significa pupazzi: è caratteristico per la facciata estremamente decorata nell’architettura, con cariatidi e telamoni, cioè figure femminili e maschili, con funzione di sostegno, che rappresentano schiavi turchi, vestiti alla persiana.
L’edificio fu fatto costruire da Pio Turco e, come è indicato nella scheda del Catalogo generale dei beni culturali, è attribuito per quanto riguarda il progetto a Domenico Curtoni, nato nel 1556 e morto nel 1629, noto soprattutto per aver ideato anche il palazzo della Gran Guardia, palazzo Pellegrini in via Rosa e la cappella del Rosario nella basilica di Santa Anastasia. È ritenuto la personalità più interessante nell’architettura veronese tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, un architetto “manierista”. 
Venendo al palazzo di via San Cosimo, i mascheroni delle serraglie potrebbero raffigurare vari atteggiamenti della vita del committente, Pio Turco, e curiose allegorie riferite al suo nome e cognome. Ma c’è un’altra ipotesi: Turco lo avrebbe fatto costruire a perpetua memoria della miracolosa vittoria, ottenuta nel giorno di santa Giustina, contro l’armata turca, cioè nella battaglia di Lepanto, combattuta il 7 ottobre 1571. È stato il successo militare più importante della cristianità contro il terrore ottomano. Per uno che si chiamava Pio Turco, dovette essere un fatto storico che lo ha coinvolto a livello personale. Va detto, però, che il nobiluomo non partecipò allo scontro militare, ma, in qualità di provveditore del Comune di Verona, fu invitato a rappresentare i suoi concittadini alla festa che si tenne a Venezia, due settimane dopo la grande vittoria, il 25 ottobre. E così con gli occhi ancora abbagliati dal grande splendore e dallo sfarzo dei festeggiamenti veneziani, da “provinciale” quale doveva essere, una volta tornato a Verona, volle ricordare quelle magnificenze sul suo palazzo. 
Le curiosità di questo edificio non finiscono qui: il palazzo di fronte, in via San Cosimo al numero 1, casa Vimercati Malaspina, presenta una “testa da porton” simpaticissima: il mascherone ha una enorme lingua di fuori. Insomma, fa le boccacce alle cariatidi del palazzo dirimpettaio. Ma l’apparenza inganna: la boccaccia non è stata creata per sbeffeggiare le cariatidi, per il semplice motivo che la facciata di palazzo Vimercati Malaspina è stata costruita prima di quella di palazzo Turco Sagramoso. Invece, se si vuole trovare una corrispondenza ironica, vi è una cariatide “turca” che si gira per non vedere il mascherone con la linguaccia. A ben guardare uno dei puoti, infatti, è raffigurato di spalle, con il volto contro il muro. Indubbiamente sia i Turco, sia i Vimercati erano dotati di notevole humor.
I palazzi di via San Cosimo che si prendono in giro fra di loro non sono i soli a Verona. Un altro confronto ironico, con un originale motto di spirito, esiste fra tre palazzi di corso Cavour: tra quello dei Canossa di Michele Sanmicheli e quello dei Portalupi, in mezzo, vi è palazzo Muselli, che è decisamente più piccolo degli altri due. Per non farlo sfigurare nel confronto, sono stati innalzati tre altissimi camini, addirittura a forma di castello medioevale, che arrivano alla stessa altezza degli edifici Canossa e Portalupi. Inoltre, nei tempi passati, i veronesi avevano inventato un gioco di parole in latino. “Inter canem et lupum, ridiculus mus”, tra il cane (Canossa) e il lupo (Portalupi) il ridicolo topo: “mus” in latino è il topo, radice del cognome Muselli. I nobili veronesi del passato, insomma,  erano dei veri e propri burloni, sapevano scherzare pure sulle pietre dei loro palazzi.

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