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Il successo non è sinonimo di qualità

Napoli, dopo la breve parentesi di Non dirlo al mio capo, ha ripreso nell’ambito delle fiction il suo consueto stereotipo. Con I Bastardi di Pizzofalcone, infatti, sono tornate le scene di omicidi, polizia, intrighi e omertà...

Il successo non è sinonimo di qualità

Napoli, dopo la breve parentesi di Non dirlo al mio capo, ha ripreso nell’ambito delle fiction il suo consueto stereotipo. Con I Bastardi di Pizzofalcone, infatti, sono tornate le scene di omicidi, polizia, intrighi e omertà. La trama è desunta dall’omonimo libro di Maurizio De Giovanni, dato alle stampe solo quattro anni fa e da cui subito è stata tratta la versione televisiva. All’interno del commissariato della zona di Pizzofalcone sono arrivati nuovi agenti a sostituire altri poliziotti arrestati per spaccio di droga. In un posto così difficile i superiori hanno mandato dei servitori dello Stato tra i più negletti e tutti con difficili realtà familiari alle spalle, quasi tale destinazione fosse considerata una punizione. Tra soggetti del genere è dunque ben difficile fare squadra. Ma, anche se così male assortiti, tra questi cosiddetti “bastardi” nasceranno comunque delle buone collaborazioni professionali e non solo.
Questo nuovo appuntamento televisivo s’inserisce nel grande e continuo filone della commedia che si tinge sempre moderatamente di giallo con qualche timida venatura di nero, senza che nessuna situazione o personalità si possa dire effettivamente approfondita. Tutto si svolge in un ambiente volutamente degradato ma in pari modo luoghi, dialoghi e storie sono troppo patinati perché siano verosimili, col rischio di diventare addirittura macchiette. A primeggiare su tutti, nel cast, è Alessandro Gassman, capace di grandi interpretazioni ma senza disdegnare produzioni televisive popolari e di medio livello. Il resto del cast è composto da attori che recitano bene la loro parte senza però metterci nulla di personale. Sembrano rassegnati, anche loro, come i personaggi che interpretano, a dare il minimo di quanto è richiesto sapendo che per produzioni simili nessuno chiederà di più.
Le tante serie di questo genere, tipiche della produzione di casa nostra, ormai si stanno livellando al ribasso. Si prende un libro, magari non molto conosciuto, lo si adatta per il piccolo schermo, si ingaggiano interpreti beniamini del pubblico e un buon risultato è assicurato. Come se per essere certi di aver fatto un buon lavoro, potesse bastare coprire le spese di produzione. Anche questa riduzione letteraria poteva prestarsi a molteplici percorsi narrativi: dall’impegno a restare fedeli al servizio dello Stato che non tiene in debito conto l’impegno profuso, alla difficoltà di coniugare vita privata e impegno professionale, fino al desiderio di riscatto da parte di gente intenzionalmente descritta come meschina.

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