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Il mare Adriatico cerniera di popoli e... interessi

Spartiacque di mondi ma pure bacino ricco di prospettive

Parole chiave: Adriatico (1), Mare (3), Spartiacque (1)
Il mare Adriatico cerniera di popoli e... interessi

È stato il mare che fece grande la Serenissima; dopo la Seconda Guerra mondiale e fino a qualche decennio fa, era il confine fisico che separava Est e Ovest, il blocco comunista da quello atlantico. Oggi, con l’integrazione europea, l’Adriatico è una zona di reciproche influenze e di intensi scambi tra territori; luogo di confronto, di diplomazia, di commercio, di cultura. Con qualche sfida da affrontare, legata ad esempio alle risorse ittiche, portuali ed energetiche o alla tutela dei prodotti tipici.

Se n’è parlato diffusamente a Bardolino, nell’ambito dell’undicesima edizione del “Festival internazionale della Geografia”, organizzato dall’assessorato alla Cultura del Comune di Bardolino, col patrocinio della Regione e della Provincia. «Un appuntamento che mette a confronto diversi mondi, popoli e culture: in un momento storico di grandi divisioni, l’Adriatico, con le sue acque che lambiscono differenti territori, ci ricorda che occorre investire sul dialogo tra i popoli», ha sottolineato l’assessora alla Cultura, Domenica Currò.

«Il mare Adriatico ha una storia molto più ricca di quanto si immagini – ha evidenziato l’ideatore e curatore del Festival, il giornalista Paolo Gila –. È stata soprattutto Venezia a giocare un ruolo decisivo, perché questa potenza marinara è cresciuta notevolmente sull’Adriatico: le due sponde facevano parte di un unico universo in cui si ricorreva molto alla diplomazia, perché l’obiettivo era realizzare affari e avviare commerci».

E oggi? Gli scambi continuano, i Paesi che si affacciano da una parte e dall’altra del mare condividono una visione unitaria, quella europea. Però sono nati anche dei particolari problemi, nella difesa di ciò che è prodotto all’interno dei propri confini territoriali; emblematico è stato il caso del vino Tocai, friulano, e della causa legale per difenderne il marchio dal Tokay ungherese.

«Il made in Italy è riconosciuto in tutto il mondo e quindi molto copiato, anche con contraffazioni che interessano soprattutto prodotti come il vino e l’olio extravergine di oliva – ha spiegato l’avvocata Sara Mafficini, intervenendo sul tema della tutela del territorio e delle produzioni agricole –. Poi c’è una pratica commerciale scorretta, più sottile, che consiste nell’evocazione del prodotto originale: il Prosecco, per esempio, conta diverse imitazioni, come il “Prosek” in Croazia o il “Rosecco” in Germania e Danimarca (venduto addirittura alla spina e in lattina), che intaccano le tutele del prodotto registrato».

In tema ittico, invece, di recente non si fa che parlare della nuova minaccia del granchio blu, che mina gli equilibri dell’Adriatico. A Bardolino è intervenuto il prof. Francesco Quaglio, docente dell’Università di Padova, dove dirige la scuola di specializzazione allevamento e igiene patologia delle specie acquatiche e controllo dei prodotti derivati. La soluzione per liberarsene? «Cercare di incentivare la pesca e la trasformazione, visto c’è richiesta in altri Paesi in cui viene consumato – ha detto –. Eliminarlo è impossibile, ma se vogliamo ridurre il novellame di nuove nascite si potrebbero inserire specie ittiche predatorie autoctone, come i branzini, e anche una specie protetta, il beluga, che è uno storione carnivoro, in via di estinzione, che potrebbe nutrirsi di larve di granchio».

Altro tema caldo di confronto è quello dei giacimenti di gas naturale, che noi non sfruttiamo, ma i croati sì. L’ha spiegato bene il vicesindaco di Ravenna, Eugenio Fusignani. «Con la crisi energetica di un anno fa, Ravenna si è prestata a ospitare il rigassificatore a circa 12 km dalla costa – ha detto –. C’è però un paradosso: lì lavoriamo il gas che arriva da altri Paesi, quando il nostro rigassificatore è posizionato sopra notevoli giacimenti che potrebbero essere sfruttati, perché si trovano a poche centinaia di metri sotto. È la tipica contraddizione che caratterizza da sempre il nostro Paese».

Infine, il Festival si è chiuso con una lezione magistrale del prof. Egidio Ivetic, storico e massimo esperto di Adriatico e Mediterraneo. «L’Occidente non è una geografia, è una dinamica, e la guerra in Ucraina ha riportato in luce il tema dei confini e del confronto tra civiltà, fra ciò che è Occidente e ciò che non lo è: si stanno moltiplicando scelte strategiche, politiche e culturali, ma a mancare all’appello è una forte politica europea», ha concluso.

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