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La grande storia della famiglia di un trovatello

Maurizio Delibori
Piatari ma siori
Edizioni del Centro turistico giovanile
pagg. 216 - euro 14

Parole chiave: Piatari ma siori (1)
La grande storia della famiglia di un trovatello

“Piataro” è, in dialetto veronese, il trovatello, cioè il bambino abbandonato, nottetempo, nella ruota degli innocenti, nella Santa Casa di Pietà, quella che ha dato il nome a via Pietà Vecchia, di fronte al duomo di Verona. Il pio Istituto, fondato nel 1426 per volontà del “collegio dei notari”, aveva regole consolidate: il bambino veniva subito battezzato nel giorno stesso della sua “esposizione” e poi, accompagnato da un libretto di sussidio, veniva dato a balia, ad una famiglia che ne faceva richiesta, per cinque anni.
Da uno di questi “piatari”, nato il 23 luglio del 1792, giorno dedicato a san Liborio, ha avuto origine la stirpe dei Delibori, il cui epigone, Maurizio, ha dedicato al suo antico progenitore, l’ultimo libro che raccoglie orgogliosamente un ventennio di studi sul territorio veronese e una militanza ultratrentennale nel Centro turistico giovanile, di cui è stato animatore e presidente, provinciale e regionale. Un impegno sempre intrecciato con la passione dello studio, dell’insegnamento e del racconto del territorio. “Scenografie di paesaggi dell’anima” chiama l’autore gli ambienti della sua vita, in un viaggio attraverso il tempo e lo spazio che riesce a mettere in contatto le generazioni e a costituire una continuità nell’esperienza della storia dei suoi personaggi, che sono poi, il progenitore Liborio, il bisnonno Riccardo, il nonno Augusto, il papà Virgilio. Insomma, la vita e la morte, la guerra, la pace, il lavoro, l’amicizia: gli snodi del libro, i capitoli di trame raccontate a più voci. Liborio, il trovatello, il piataro della Santa Casa, fu in Russia con Napoleone e partecipò alla battaglia della Beresina. Riuscì a passare il ponte di legno sul fiume, costruito di notte sotto le cannonate russe dai genieri del generale Eblé. Arrivò a Cavaion a fine gennaio del 1813, diventò uno stimato fabbro, si fidanzò con Eleonora, che sposò nel 1819.
Quasi un secolo dopo, nonno Augusto, nel 1916 colò a picco col piroscafo “Principe Umberto” nel porto di Valona, in Albania, mentre faceva ritorno in patria. Un siluro tedesco aveva fatto affondare la nave con 2.821 uomini a bordo: ne annegarono 1.926. Solo 895 furono tratti in salvo. E infine papà Virgilio, Gilio, come lo chiamavano sotto naja. Diventa “internato militare” in Germania, al lavoro in una miniera di carbone nello Stalag VI di Dortmund, dopo essere stato fatto prigioniero in Grecia all’indomani dell’8 settembre del 1943: schiavo di Hitler “perché aveva rifiutato la proposta di combattere per Mussolini”.
Già, la guerra è sempre una tragedia che si abbatte sugli “umili” della storia, che però ne ricavano la lezione più importante e duratura: costruire un domani di pace e di lavoro per le nuove generazioni, dove ci sia posto per le cose belle della vita. E allora ecco gli incontri con le figure che su questo passaggio epocale segnano il cammino: don Zeno Saltini che predica l’amore come legge della vita, “il bene che distrugge il male”, e papa Giovanni Paolo II, al quale un giovanissimo Maurizio, presidente del Ctg di Verona, nel settembre 1982, consegna una riproduzione delle formelle del portale di San Zeno. E sullo sfondo, la piccola comunità di Cavaion e Incaffi, coi suoi riti e le sue regole, i tempi dell’anno, le sagre, la scuola. C’è in Maurizio Delibori un’incrollabile volontà di capire il proprio territorio e di farne un valore condiviso, che non può restare inerte e che rende ricchi, “siori” come dal titolo l’autore ammicca dopo la forte avversativa che lo taglia a metà. Già, si può essere “piatari”, trovatelli, senza padri nobili, ma “siori”, signori, cioè ricchi, laddove si riconoscano le bellezze e le ricchezze di questo scenario straordinario che ci rende veramente protagonisti della nostra vita.

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