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In una calda giornata di luglio, a Verona

Lorenzo Gobbi
Stella dei volti
Castelvecchi - Roma 2018
pp. 139 - euro 17,50

Parole chiave: Stella dei volti (1), Lorenzo Gobbi (1), Romanzo (3)
In una calda giornata di luglio, a Verona

Stella dei volti è il primo romanzo di Lorenzo Gobbi, poeta e saggista veronese, traduttore e curatore delle opere di Rainer Maria Rilke e di Etty Hillesum, nonché insegnante di lettere in un istituto superiore cittadino. La sua vena di narratore, affiorata in Emily e il vento (2017), intimo colloquio con la poetessa Emily Dickinson, si rivela appieno in questo romanzo che non nasce da alcun rimando letterario, ma prende forma e vita nell’arco di una sola calda giornata di luglio, nel centro storico di Verona.
Il racconto inizia il giorno del cinquantesimo compleanno di Cristian, un medico di base che esercita la professione con dedizione ed empatia e aspetta l’arrivo di Stella che, dopo un mese di lontananza, ritorna dalla terra natale, la Polonia, dove si è recata in seguito alla morte della madre. Già di prima mattina, si respira un’aria particolare, il cielo è grigio, il temporale incombente e il vento battente; Cristian, che di solito guarda ogni angolo e vicolo della città medioevale, oggi ha fretta e una sottile ansia lo pervade. È inquieto, come lo è Stella, che fa ancora i conti con il passato e con ferite mai rimarginate. Ma proprio in questa giornata, bagnata dalla pioggia e dalle lacrime, i due, che finora si sono solo frequentati e mai dichiarati, scopriranno di amarsi e si pacificheranno con le sofferenze proprie ed altrui, con se stessi e il mondo. Nella gioia del tempo nuovo che si apre per entrambi, saranno affiancati dalla discreta presenza di padre Antonio, che permetterà a Stella di toccare con mano la misericordia di Dio, pronto ad accogliere, ad abbracciare senza puntare il dito, e dalla vicinanza di tanti altri “volti” – da cui il titolo – che emergono dall’eternità. Sono le voci di coloro che li hanno preceduti, i morti, che si raccontano, si rivolgono ai protagonisti e li sorreggono nelle scelte del presente: le voci ad esempio della nonna e delle zie di Cristian fucilate dai nazisti (il cognome della famiglia, Cohen, del resto ne rivela l’origine ebraica), o di altri estranei, come l’ufficiale delle SS responsabile della loro uccisione. Il romanzo, infatti, si presenta non tanto – o non solo – come la storia di un incontro (bellissimo il passaggio: “Il demonio fugge gli incontri... Il male lavora nella solitudine: ci vuole soli e ci rende soli”), quanto come un dialogo fra cielo e terra, una riflessione sulla vita e sulla morte, sul bene e sul male, che è dissonanza e disarmonia, sulla debolezza umana e la compassione. Il tutto raccontato in un registro ora narrativo ora lirico, che può essere proprio solo di un poeta, che indulge in pause e descrizioni, specie quando contempla, rapito, Verona ed i suoi colori, “l’ocra, il bianco, il giallo e il rosso nelle loro cangianti sfumature”.

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