L'angolo del Diritto
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Denigrare (o peggio) le persone per il loro aspetto fisico: si chiama body shaming e ha conseguenze penali

È di queste settimane l’ennesima notizia di un Vip preso di mira sui social per il proprio aspetto fisico: si tratta dell’attrice americana Julia Roberts che, dopo aver postato su Facebook una foto che la ritrae “al naturale” in casa propria assieme alla nipote, è stata fatta oggetto di commenti offensivi come “sembri un uomo ... sei orribile ... come stai invecchiando male”, frasi che a detta della stessa attrice l’hanno comprensibilmente ferita.

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Denigrare (o peggio) le persone per il loro aspetto fisico: si chiama body shaming e ha conseguenze penali

È di queste settimane l’ennesima notizia di un Vip preso di mira sui social per il proprio aspetto fisico: si tratta dell’attrice americana Julia Roberts che, dopo aver postato su Facebook una foto che la ritrae “al naturale” in casa propria assieme alla nipote, è stata fatta oggetto di commenti offensivi come “sembri un uomo ... sei orribile ... come stai invecchiando male”, frasi che a detta della stessa attrice l’hanno comprensibilmente ferita.
Purtroppo in questi anni altri personaggi famosi (ma anche tanta gente comune) si è trovata a fare i conti con questa pratica becera che prende il nome di body shaming, letteralmente “far vergognare qualcuno del proprio corpo”. Si tratta di una forma di bullismo che colpisce l’aspetto fisico delle persone, la maggior parte donne, che vengono prese di mira perché troppo grasse, troppo magre, troppo alte, troppo basse, insomma perché l’aspetto fisico non rispecchia i canoni di bellezza creati dalla televisione o dalle riviste patinate.
Il body shaming costituisce senza dubbio una pratica a dir poco imbarazzante ed inaccettabile per chiunque si permetta di praticarlo, anche involontariamente. È inutile negare che l’immagine corporea è un aspetto cruciale dell’autostima di ognuno di noi: ecco perché, prima di avanzare critiche relative all’aspetto fisico sarebbe necessario chiedersi come possa reagire la persona che le riceve, a maggior ragione se si tratta di ragazzi.
Una recente statistica infatti ha dimostrato che il 94% degli adolescenti è stato vittima di body shaming e quasi il 65% di essi ha dichiarato di essere stato preso di mira con commenti umilianti sul proprio aspetto fisico.
Il body shaming può avere conseguenze anche dal punto di vista penale qualora tale pratica costituisca dei reati. Se gli insulti sull’aspetto fisico sono fatti pubblicamente, alla presenza di due o più persone, il body shaming potrebbe tramutarsi in diffamazione essendo offesa la reputazione della vittima. Se poi l’offesa viene perpetrata a mezzo dei social, la diffamazione è aggravata e può comportare per il colpevole anche la condanna alla reclusione da sei mesi a tre anni.
Se la condotta denigratoria è ripetuta nel tempo, il body shaming può diventare stalking qualora, a causa delle offese, la vittima si veda costretta a modificare le proprie abitudini di vita. Nei casi più gravi, purtroppo non sconosciuti alle cronache, il body shaming può addirittura sfociare nel reato di istigazione o aiuto al suicidio, previsto e punito dall’art. 580 del Codice penale con la reclusione da cinque a dodici anni. In tutti questi casi, la vittima potrà sporgere denuncia alle autorità che avvieranno le indagini.
Qualora invece il body shaming non configuri un reato, è comunque possibile tutelarsi con gli strumenti messi a disposizione dalla legge sul cyberbullismo, ovvero sarà possibile chiedere l’oscuramento dei siti internet interessati, fare reclamo al Garante per la privacy e anche chiedere l’ammonimento del Questore nei confronti dell’autore delle offese.

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