Il Fatto di Bruno Fasani
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Scenari inquietanti dalla vicina Turchia

Le foto che stanno girando dalla Turchia in tutto il mondo ci mostrano migliaia di militari e magistrati ammucchiati a terra seminudi. Sembra la scena di un macello, dove maiali all’ingrasso attendono l’esecuzione. Da quelle parti funziona così. Una vendetta per il golpe fallito, che lascia però sul campo molti interrogativi. Per esempio sui magistrati. Come sapevano da subito che tremila di loro erano golpisti, a meno di aver fatto da tempo delle liste di proscrizione?

Parole chiave: Turchia (9), Il Fatto (415), Bruno Fasani (323)

Le foto che stanno girando dalla Turchia in tutto il mondo ci mostrano migliaia di militari e magistrati ammucchiati a terra seminudi. Sembra la scena di un macello, dove maiali all’ingrasso attendono l’esecuzione. Da quelle parti funziona così. Una vendetta per il golpe fallito, che lascia però sul campo molti interrogativi. Per esempio sui magistrati. Come sapevano da subito che tremila di loro erano golpisti, a meno di aver fatto da tempo delle liste di proscrizione?
Ora, appesa al braccio della mezza luna che campeggia nella bandiera, fa capolino anche la minaccia del cappio. Il mondo, a cominciare dall’Europa, finge di indignarsi. No, la pena di morte proprio no. Verginelle, ma non per vocazione, che mandano gridolini di disapprovazione, ma solo per far baccano, perché nei fatti, con Erdogan l’Occidente ha da tempo calato le brache. Le ha calate per paura che si riaprano i rubinetti dei profughi, travasando in Europa centinaia di migliaia di disperati. Perché in Turchia, che fa parte della Nato, ci sono decine e decine di bombe atomiche, che è come dare una pistola in mano ad un bullo. Perché da lì dovrebbero passare i gasdotti che portano energia nelle nostre case… Insomma con la Turchia si va a pranzo e si mangia bene. Lo sa bene la signora Merkel che, da quelle parti, ultimamente ci staziona spesso, portando a spasso il suo bauletto.
Chi sia Erdogan lo raccontano i fatti. Soprattutto quanto creda nella democrazia, definita da lui stesso un “modo per raggiungere il potere”. Lo sappiamo dal venir meno progressivo del riconoscimento dei diritti civili. Oggi, in Turchia, se vuoi trovare lavoro o iscriverti all’università, devi avere tua madre e le tue sorelle coperte col velo. La libertà di stampa è di fatto una chimera e un noto direttore di giornale ultimamente s’è beccato cinque anni di carcere per aver documentato il passaggio di armi verso i combattenti dell’Isis, grazie alla complicità del presidente.
Si dice che l’ultimo tentato colpo di Stato abbia ulteriormente rafforzato il potere di Erdogan. Sui tempi brevi ne sono convinto, ma sono altrettanto convinto che, parafrasando il destino biblico di Nabucodonosor, ci troviamo davanti ad un gigante coi piedi di argilla. Se è vero che dalla sua ha il 51% dei votanti, soprattutto quelli del ceto medio, contro di lui ha il resto del Paese, assolutamente non rassegnato ad una islamizzazione progressiva e alla perdita dei diritti civili.
Dove porterà questa spaccatura? Non occorre essere profeti per prevedere tempi duri nel futuro della Turchia, ma non solo. C’è il rischio che l’instabilità e le contrapposizioni ideologiche al suo interno, si traducano in scontri, fughe nel fondamentalismo islamico, crescente ostilità verso l’Europa e la Nato. Focolai cui guardare con timore, dentro scenari dagli esiti imprevedibili.

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