Il Fatto di Bruno Fasani
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La storia triste di Willy chiede a tutti saggezza perché non si ripeta

Ora Willy riposa finalmente in pace, quella pace che gli uomini non gli hanno garantito in questo mondo. Avvolto dalla commozione dell’Italia intera, dai pensieri riflessivi della coscienza collettiva, dall’amore silenzioso e composto dei suoi cari. I quali, da umili veri quali sono, non hanno scelto la piazza per dire il loro dolore o eventuali rivendicazioni...

Parole chiave: Willy Monteiro (1), Bruno Fasani (323), Il Fatto (415)

Ora Willy riposa finalmente in pace, quella pace che gli uomini non gli hanno garantito in questo mondo. Avvolto dalla commozione dell’Italia intera, dai pensieri riflessivi della coscienza collettiva, dall’amore silenzioso e composto dei suoi cari. I quali, da umili veri quali sono, non hanno scelto la piazza per dire il loro dolore o eventuali rivendicazioni. Hanno chiesto solo che dai funerali del loro figlio fossero lontani i riflettori. Per il resto neppure fiori, che spesso sono soltanto l’elegante pronto soccorso del portafoglio all’onda emotiva che ci colpisce. Al posto dei fiori si provvedesse piuttosto ai bisogni della Caritas e dei tanti poveri che bussano alla sua porta.
Spente le luci, si fa incalzante la domanda: perché accadono queste cose? Perché un ragazzo buono, con l’unico torto di aver cercato di portare pace difendendo un amico, è stato trattato come un fantoccio di pezza sotto i colpi dei suoi coetanei? L’emotività ci suggerisce diagnosi generalizzate e soluzioni sbrigative. Alle prime appartiene il lamento di chi vorrebbe attribuire l’episodio al diffuso fallimento educativo da parte delle famiglie e della società. E perché non aggiungere anche la Chiesa e la scuola visto che ci siamo? Giovani senza fondamento, viziati dai troppi benefici, finalizzati a scolpirne il corpo piuttosto che a dare loro contenuto di coscienza e di anima. In giro ci sono anche questi, ma basterebbe far tacere il fragore dell’albero che cade per scorgere la foresta di tanti ragazzi di valore, cresciuti in famiglie sane, non perfette ma sane. Giovani che spiccano nell’ambito dello studio, ma anche nelle eccellenze professionali, che spesso i Paesi stranieri ci contendono. Senza dimenticare tanta loro generosità, di cui la recente vicenda della pandemia ha mostrato significativi scampoli, nel volontariato praticato a vari livelli.
Epperò, non bisogna comunque lasciarci nemmeno ingannare da certo ottimismo, speculare e altrettanto emotivo. Perché davanti al massacro di un ragazzo senza colpe non si può fingere che sia acqua fresca. La violenza è in crescita e i recenti episodi di Birmingham in Inghilterra con accoltellamenti tra bande di ragazzi, così come le risse delle nostre piazze, impongono di mettersi in pausa e riflettere. E domandarsi il perché. Gli esperti ultimamente ci richiamano sull’abuso di alcol e cocaina, sostanze nelle quali tanti giovani vanno a cercare ispirazione. E sappiamo bene che gli effetti di tali sostanze vanno sempre ad amplificare le spinte aggressive delle persone. Non è una novità che la malavita per portare a termine operazioni spietate si dà sempre la carica tirando qualche rigo di coca. Pratica che sta entrando silenziosamente, ma costantemente, anche nel giro di certa movida o dei luoghi di ritrovo delle notti giovanili. E sono spesso queste miscele che accendono la miccia di personalità narcisistiche, senza ideali, convinte che il proprio valore sia identificabile con la muscolatura acquisita in palestra. La prestanza fisica e la forza muscolare come fondamento della coscienza di sé e di un presunto valore, cercato nella forza e nella forma e non nella sostanza.
Case fondate sulla sabbia, ci suggerirebbe il Vangelo. Capaci di travolgere nei loro perversi orizzonti di vita persone e cose che incontrano. Oggi è capitato al povero Willy. Domani chissà. A qualche donna che ha avuto la sfortuna di incontrare l’uomo sbagliato, a genitori messi in disparte perché divenuti ingombranti, a figli messi al mondo nella carne senza che qualcuno provveda anche alla loro coscienza... La speranza è che la storia di Willy ci aiuti a capire a quali condizioni possiamo continuare a chiamarci e ad essere davvero uomini.

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