Il Fatto di Bruno Fasani
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La buona musica nelle cuffiette, le cattive abitudini che può produrre

I dati sono quelli del 2015 e quindi non freschissimi. Comunque già abbondantemente indicativi. Stando al Codacons e ad Aci/Istat, l’uso del cellulare in auto è diventato la prima causa assoluta di incidenti, con oltre il 20% dei casi, superando quelle storiche, legate alla velocità eccessiva e alla guida in stato di ebbrezza...

Parole chiave: Bruno Fasani (325), Il Fatto (417), Cuffiette (1), Cellulari (2)

I dati sono quelli del 2015 e quindi non freschissimi. Comunque già abbondantemente indicativi. Stando al Codacons e ad Aci/Istat, l’uso del cellulare in auto è diventato la prima causa assoluta di incidenti, con oltre il 20% dei casi, superando quelle storiche, legate alla velocità eccessiva e alla guida in stato di ebbrezza. Più di un caso su cinque, dunque, è oggi riconducibile all’uso di quello che, con una certa imprecisione, ci ostiniamo a chiamare, in maniera riduttiva, telefonino. È chiaro che i cellulari di moderna produzione, più che dei telefoni, sono dei veri e propri computer. È vero che assolvono anche alla funzione di comunicare, ma poi per mezzo di essi si mandano e ricevono messaggi, si consulta internet, si ascolta musica… Tutto quello che uno può fare a casa, standosene comodamente seduto in poltrona, oggi è possibile ovunque, a cominciare dall’auto che ci sta portando da qualche parte.
Se tutti siamo convinti che a portarci a sbattere dipenda da qualche messaggio digitato tenendo maldestramente il volante, molto meno si considera il rischio che viene dall’indossare delle cuffie per ascoltare musica. Quanto sia diffuso il fenomeno non occorre sia io a dirlo. Basta salire su qualche mezzo pubblico per rendersi conto dell’isolamento dal resto del mondo da parte di tanti ragazzi. Un fenomeno andato in crescendo a partire dagli anni ’80, quando la tecnologia ha consentito di scaricare la musica preferita e riprodurla su minutissimi apparecchi da portare in tasca. Che si camminasse per strada, che si facesse footing, si scendesse da una pista da sci o si guidasse l’ auto, il rito consumava la liturgia della modernità del corpo diventato un tutt’uno con la musica preferita.
Se siamo a parlarne non è per stigmatizzare un comportamento, che non ha nulla di negativo in sé, quanto per richiamare ad un uso avveduto di questi strumenti, per evitare le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti. La scorsa settimana la cronaca ci ha raccontato di una ragazza milanese finita sotto il treno perché la musica che stava ascoltando in cuffia non le ha consentito di avvertirne l’approssimarsi. Lo stesso a Roma, dove un ragazzo sul motorino è stato travolto perché non ha sentito l’auto che si avvicinava. Evidentemente bisogna partire da un dato di fatto. Le cuffie diventano un filtro importante che impedisce la percezione dei suoni esterni, così come i possibili segnali di avviso, in caso di pericolo. Senza contare che anche il volume della musica ascoltata potrebbe rivelarsi pericoloso agli effetti di una concentrazione che sarebbe quanto mai indispensabile quando si circola per le strade.
A questo punto i controlli delle forze dell’ordine dovrebbero farsi più rigorosi, ma certamente è sempre una adeguata informazione e formazione che potrà garantire gli esiti migliori.

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