Il Fatto di Bruno Fasani
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I timori per uno spot e il silenzio ipocrita

C’è uno spot pubblicitario che sta risvegliando gli scrupoli di qualche italiano. Scrupoli un po’ pelosi, a dire la verità, anche se sembrano supportati da un rilievo mediatico degno di una causa col botto. Lo spot è quello che pubblicizza una merendina di una nota casa di prodotti dolciari. In campo entra una bambina, che sembra uscita dal pennello di Antonello da Messina, la quale, tutta perfettina, chiede alla madre una «colazione leggera ma decisamente invitante, che possa coniugare la voglia di leggerezza e golosità»...

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C’è uno spot pubblicitario che sta risvegliando gli scrupoli di qualche italiano. Scrupoli un po’ pelosi, a dire la verità, anche se sembrano supportati da un rilievo mediatico degno di una causa col botto. Lo spot è quello che pubblicizza una merendina di una nota casa di prodotti dolciari. In campo entra una bambina, che sembra uscita dal pennello di Antonello da Messina, la quale, tutta perfettina, chiede alla madre una «colazione leggera ma decisamente invitante, che possa coniugare la voglia di leggerezza e golosità».
E già qui lo spettatore comincia a vacillare, perché se mai doveste avere una figlia che parla in questo modo, portatela subito dal medico, perché c’è qualche rotella che non quadra. Poi lo spot procede con la mamma rassicurante: «Non esiste una colazione così, cara. Possa un asteroide colpirmi, se esiste!». Neanche il tempo di finire la frase che dal cielo una meteora provvede ad esaudire gli auspici della madre. Come risposta a tanto dramma una merendina, con tanto di nome e cognome pronta per le voglie dell’infante, mette fine al dramma e allo spot pubblicitario.
Ma come? si sono stracciate le vesti i moralizzatori scandalizzati. Come si fa a mandare in onda un messaggio di tale violenza, che ammazza una madre e lascia una creatura orfana? Già, perché per la par condicio i pubblicitari hanno provveduto a far fare la stessa fine anche al padre della fanciulla.
Che il messaggio sia un po’ greve è fuori discussione. Che la formazione dei ragazzi sia compromessa da questa scena, come sostiene chi si straccia le vesti, resta tutto da vedere. Tanto più che l’osservatore smaliziato si domanda: ma come si fa a vedere i pericoli di questo spot pubblicitario, che presenta una situazione di fantasia, a fronte di un silenzio assordante su quello che la Tv passa nelle nostre case dalla mattina alla sera? Ve ne sarete accorti anche voi che non si fa altro che parlare di cronaca nera, di violenza sulle donne, femminicidi, assassini e stupri, di omicidi e di disgrazie di ogni genere. Ci scopriamo difensori della famiglia e della sua integrità, dopo che il bombardamento ha raso al suolo le poche convinzioni che ci portavamo dentro. E tutto questo pagando un canone, con il quale hanno comprato anche il nostro silenzio.
Ma lo spot evidenzia un secondo aspetto da non trascurare. Ed è il fatto che la pubblicità non ci convince più della bontà del prodotto che dovremmo acquistare. Non ci dice che quella merendina è fatta del tal grano, con i tali ingredienti. Tutto questo passa in secondo piano. Potrebbe essere anche di polistirolo. L’importante è che se ne parli, che il nome diventi familiare, che sullo scaffale del supermercato, a parità o anche in inferiorità qualitativa rispetto ad analoghi prodotti, la gente chieda quella cosa perché la pubblicità ci ha venduto il marchio prima del bene da mangiare.
E allora se questo è l’obiettivo di chi fa marketing, cosa di meglio si potevano inventare i nostri pubblicitari per far colpo?

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